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Quintorigo e John De Leo, Torino

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Stick To Your Guns live Milano

Nel bill anche Dead Like Juliet e Deez Nuts

Giornata di pioggia forte il 2 maggio a Milano, come sta succedendo spesso ultimamente: ma siamo sicuri che i tuoni che si sentono in lontananza provengano proprio da questi scuri nuvoloni in cielo? Non lo darei per scontato, perché al Legend Club si stanno preparando per noi tre band che scateneranno un uragano, stasera, quindi potrebbero benissimo essere loro! Anzi, sono loro sicuramente, li posso sentire durante il loro sound check mentre ancora chiusa in auto, nel parcheggio, attendo di uscire per andare a fare il mio consueto giro di ricognizione. Davanti alle porte chiuse chiacchiero con altri fan arrivati da Belgio e Germania per questa serata, non solo, faranno il bis anche alla data successiva, hanno con loro bandiere da mostrare sottopalco e un entusiasmo alle stelle.

Inizialmente non siamo in molti all’ingresso, anche a causa del giorno lavorativo e dell’orario, tanto che la mia entrata in sala è insolitamente tranquilla, ho tutto il tempo per guardarmi attorno, e mi fa quasi strano non dover correre mostrando i denti per guadagnare il posto in transenna. Il palco è già allestito di tutto punto, non manca niente, ma diversamente dal solito la strumentazione è posizionata in modo da lasciare il più possibile spazio calpestabile: molto spazio. Abbiamo artisti vivaci stasera, considero tra me e me mentre siamo agli sgoccioli e lo spettacolo sta per iniziare: qualcuno inizia ad accordare strumenti, fare le piccole ultime verifiche, e dopo pochi minuti compare la prima band tra fumo e luci quasi costantemente rosse.

Dead Like Juliet

Sono i Dead Like Juliet, formazione metal /hardcore italiana originaria di Merano, Alto Adige, nata nel 2009. Il loro primo album in studio ” Stranger Shores” debutta il 17 aprile 2018 autoprodotto, dopo di che suoneranno in una grande quantità di concerti in Europa e nel Regno Unito, mentre nel 2023 supporteranno gli Aviana insieme a Earth Caller e InVisions. I loro temi sono la lotta contro il fascismo, razzismo e discriminazioni di ogni tipo. La loro formazione è di sei elementi, ma a questo giro sono orfani del secondo chitarrista che è a casa malato.

Dead Like Juliet

Giovani, esplosivi, stasera questi ragazzi hanno mangiato pane e tritolo e hanno tutta l’intenzione di tirar giù quello che incontrano sui loro passi. Non tutti li conoscono, qualcuno li sottovaluta, ma minuto dopo minuto le persone in sala aumentano di numero, attirate dai riff melodici e dal growl particolare del frontman Ale Thurner.

Dead Like Juliet

Assolutamente indomabili, questo posso dire di loro, sembra che i loro piedi non siano nati per toccare il suolo normalmente: saltano, vorticano e corrono per il palco con energia inesauribile, si sfiorano senza scontrarsi quasi per miracolo su un palco che a stento riesce a contenere il loro essere come un fiume in piena, e pensare che manca un elemento. Impresa non semplice tenerli inquadrati per più di qualche istante, li puoi trovare ovunque, come il tastierista e vocalist Markus Magge che puoi trovare al suo strumento, ma sopra o sotto è a discrezione sua; perché suonare la tastiera come tutti gli altri, quando puoi salirci sopra, oppure toglierla dal supporto e suonarla tenendola tra le braccia?

Dead Like Juliet

Il secondo dopo sarà invece in transenna col microfono in mano, a supporto di Ale, e nel tempo necessario a metterlo a fuoco lui si sarà già volatilizzato mentre basso, chitarra e frontman volano in aria sprigionando un’energia vitale estremamente contagiosa, bellissimi da vedere nella poca luce e nel tanto fumo, regalando al pubblico del Legend un’esperienza al fulmicotone che non tutti si aspettavano. Fragorosi e potenti, esprimono con forza la loro aspra ribellione dai suoni puliti e senza difetti di sorta. In scaletta troviamo brani del loro ultimo album, “Stand Defiant”, uscito il 5 maggio 2023, tra le quali “Godkiller” spicca come un inno implacabile ed esplosivo, che racchiude tutto ciò che è l’essenza dei Dead Like Juliet: riff e breakdown violenti, testi caustici, un brano dedicato a tutti coloro che sono stati perseguitati e torturati per motivi religiosi.

Dead Like Juliet

Alla fine della loro performance l’invito per tutti, e che tanti hanno accettato, è in area merch per quattro chiacchiere in allegria, il tutto dopo averci allegramente devastati creando la giusta base per chi arriverà dopo. Questi ragazzi incontenibili meriterebbero una data da headliner per vederli sfogare in tutta la loro vitalità contagiosa e competenza tecnica.

Deez Nuts

Non ci vuole molto a preparare lo stage per il secondo gruppo: basta per lo più togliere batteria, tastiera e qualche piccolo accorgimento eseguito dagli artisti stessi. All’urlo di Make some fuckin’ noise!  è giunto il momento dei Deez Nuts, un nome che è già tutto un programma; gruppo hardcore di Melbourne, Australia, attivi dal 2007 e con sei album in studio nel curriculum.

Deez Nuts

Mentre il chitarrista Matt “Real Bad” Rogers esordisce elencando al microfono svariate imprecazioni in italiano ( I’ m Italian, know you know it,  ride insieme al pubblico), il vocalist nonché frontman  JJ Peters sale sul palco sfoggiando una ginocchiera ortopedica, che comunque non gli impedirà di trottolare per tutto il tempo o di camminare avanti e indietro in maniera buffa. Evidente è l’influenza hip hop nel gruppo, non sarebbe strano trovarli in qualche skate park.

Deez Nuts

Peters è un frontman di grande esperienza e carisma, sa come accendere i fan che ormai riempiono quasi completamente la sala, e questo Hardcore Punk dalle sfumature rap ha tutto quello che serve per far scapocciare le prime file contro la transenna, sotto i bassi rimbombanti e il martellare ossessionante della batteria.

Deez Nuts

C’è qualcosa di affascinante e genuinamente punk in questo artista, così concreto, mentre si connette con i fan uno per uno: molto fisico, si lascia stropicciare dalle prime file che lo afferrano per la maglietta, abbraccia chi atterra sul palco dopo un crowdsurfing, non perde occasione per far cantare ritornelli lasciando nelle mani dei fan il microfono, che a un certo punto gli ritorna in due pezzi, con suo grande divertimento. 

Deez Nuts

Make some fuckin’ noise! è l’ intercalare più usato per spronare i fan, che non si fanno certo pregare: il Legend stasera è nella sua versione più primitiva, istintiva e rumorosa, una fossa infernale, il tutto sempre enfatizzato dall’ onnipresente luce rossa e dal fumo che aleggia, come pervaso da vita propria.

Deez Nuts

Il set è un viaggio nei loro grandi successi, come “What’s Good, What I Gotta Do” e “Face This On My Own” che hanno dato al pubblico esattamente ciò che voleva: Hardcore puro. “Your Mother Should Have Swallowed You”, un testo che lascia poco all’ immaginazione, ha aiutato tutti a far uscire anche il più piccolo pezzettino di aggressività ancora nascosto dentro di loro, ed è stato speciale sentire e vedere tutti urlare le parole insieme alla band.

L’atmosfera, già riscaldata per benino dagli artisti precedenti, inizia a diventare incandescente, arrivano i primi spintoni alle spalle, il pogo e il circle pit impazzano dietro di me, ma ancora sono abbastanza salda sui miei piedi. Sì, abbastanza. Una sala gremita e nessuno che sia in grado di rimanere fermo per una manciata di secondi è la più bella soddisfazione per i Deez Nuts, che portano in tavola solo vibrazioni positive e dimostrano che puoi essere divertente e spensierato mentre metti in piedi uno spettacolo di tutto rispetto: l’Hardcore vive, l’Hardcore può ancora significare tutto quello che significava 20 anni fa, e nonostante l’emergere di nuove, giovani band, i Deez Nuts dicono ancora la loro e lo dicono urlano con tutta la forza che possono.

Anche per gli scatenati australiani, l’appuntamento è in area merch dopo il live. Vedrò il mastermind Peters divertirsi come un ragazzino coi fan, ma questa è un’altra storia, e ora siamo giunti al momento degli headliner di questa serata da bolgia dantesca.

Stick To Your Guns

Potrei capire che stanno per esibirsi gli Stick To Your Guns da vari fattori: l’aria sembra essersi fatta più viva, più elettrica; in sala non c’è più posto neanche per uno spillo; le mie costole iniziano a premere, dolorosamente, contro il ferro della transenna, e ancora non si è visto nessuno, figuriamoci dopo. Questa è soltanto la punta dell’iceberg.

Stick To Your Guns

Con più di venti anni di attività, formati nel 2003 nella contea di Orange, i californiani Stick To Your Guns ci portano il loro Hardcore distruttivo in sette album in studio e innumerevoli esibizioni dal vivo.
Il pubblico perde ogni capacità di raziocinio all’ entrare degli artisti, tra i quali il bassista, reduce da un intervento chirurgico, dovrà suonare seduto per tutto il tempo; ma è quando la figura del leader indiscusso Jesse Barnett si materializza sul palco con le note di “Diamond”, brano tratto dall’ omonimo album rilasciato il 27 marzo 2012 per Sumerian Records,  che nel mio cervello scatta la milionesima puntata di  Speriamo di uscire vivi di qui,  a breve potrei scrivere un libro solo su questo; dopo di che sarà solo una lotta per rimanere il più possibile intatti.

Stick To Your Guns

Le prime file si accalcano talmente tanto verso la transenna che io mi ritrovo letteralmente piedi altrui sotto i miei, e corpi così attaccati alla schiena che rendono difficoltoso il mio dovermi muovere per assecondare i movimenti imprevedibili dei musicisti. Come girasoli impazziti sotto l’effetto di un tornado, le macchine fotografiche si alzano nell’ aria mentre i rispettivi proprietari cercano per quanto possibile di non urtarsi l’un l’altro, anche se in realtà sembriamo un po’ tutti delle falene che sbattono ostinatamente contro il vetro di una lampadina.

Stick To Your Guns

L’intera formazione della band è compatta, estremamente affiatata e com’ è tipico del genere,  mobile e imprevedibile sul palco, potenti come giovani torelli; solo il povero Andrew Rose, seduto col suo basso di fianco alla stampella, sembra a volte essere un po’ sofferente, ma è sempre sotto l’ occhio vigile dei compagni, e probabilmente  quello che più lo fa soffrire è il non poter essere con loro a saltare e vorticare col resto del gruppo.

Stick To Your Guns

C’è un tale potere nelle parole urlate e cantate che si può sentire l’energia guizzare viva nell’ ambiente, ed è questo il fascino dell’Hardcore: persone sconosciute tra loro che si riuniscono a cantare insieme tutte le canzoni a memoria, quando non sono impegnate a fare stage diving o a pogare.  L’andirivieni di fan che atterrano sul palco è costante e i nostri californiani apprezzano molto; c’ è stato un momento in cui, presa dall’ insana idea di guardarmi alle spalle, ho potuto vedere un turbinio infernale di persone, mani, gambe, corpi sottosopra, ormai si era in preda all’ anarchia più totale: le fauci di uno squalo che si spalancano su un banco di pesciolini.  Guarda davanti a te e dimentica cosa sta succedendo dietro la tua schiena, mi impongo, augurandomi di non ricevere nessun fan sulla cervicale come successo altre volte.
Nella scaletta troviamo tracce di un po’ tutta la discografia e brani dell’ ultimo album “Spectre”, uscito il 29 luglio 2022 per Pure Noise Records.

Stick To Your Guns

“Weapon” emerge con i suoi ritmi galoppanti, con un vocalist che finge di sparare al pubblico e un rullante che suona come un fucile da caccia, mentre viene martellato senza pietà alcuna da George Schmitz, sempre in procinto di demolire la batteria; bellissima e intensa “Hush”, caratterizzata da una aggressività bruciante, e che non perde nulla della sua pesantezza anche quando il tempo decelera. Tra le altre, “Against Them All” ha portato avanti questa vivacità devastante con uno dei migliori ritornelli pop punk in moshcore melodico mai scritti; è quasi impossibile non cantare.

Stick To Your Guns

Jesse Barnett, madido di sudore dal gran camminare e dimenarsi, trova anche il tempo di rivolgere parole di incoraggiamento e ispirazione al suo pubblico adorante. Ha portato sul palco molto più che solo musica, suoni e salti coreografici, ma storie di perdita e speranza, e di come in questa vita dobbiamo vicendevolmente trattarci con rispetto e avere speranza perché le cose migliorino in futuro. Ci apre il suo cuore in uno dei rari momenti di calma apparente, affinché possiamo provare qualcosa in quella manciata di istanti e imparare dalle sue parole.

Stick To Your Guns

I suoi ritornelli melodici ed emotivi, il breakdown graduale, tutto aiuta nel processo di lasciar andare (tra i più difficili esistenti!) qualsiasi rabbia e tristezza che ognuno di noi possa provare. Gli Stick To Your Guns ci hanno dato una sferzata di vita e tanta forza di cui ci sentiamo pervasi fino alla fine, quando la band ci saluta e se ne va nel backstage. Il chitarrista Josh James resta a salutare e fare smorfie buffe nei selfie e nelle foto di tutti quelli si vogliono far ritrarre con lui, mentre Chris Rawson regala preziosi plettri che verranno custoditi gelosamente, idem per le bacchette di Schmitz. Io vado a contarmi i lividi mentre buona parte del pubblico si prepara al bis della sera dopo, e siamo sicuri che gli Stick To Your Guns avranno replicato con altrettanta gioia di vivere, tanta bellissima vita e adrenalina da vendere.

    Articolo e foto di Simona Isonni

    Set list Stick To Your Guns Milano 2 maggio 2024

    1. Diamond
    2. Nobody
    3. Empty Heads
    4. Such Pain
    5. The Bond
    6. What Choice
    7. We Still Believe
    8. Married To The Noise
    9. Doomed
    10. Hush
    11. What Goes Around
    12. Nothing You Can Do To Me
    13. Amber
    14. Against Them All
    © Riproduzione vietata

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