Alle 20 e 20 in punto si spengono le luci e di colpo si ferma anche la pioggia. Ma piove solo dentro alla venue, effetto acustico che intrattiene il pubblico. Sul palco ecco la band. Poi arriva lui, capelli grigi ma sparati ancora in testa a incorniciare il sorriso sbavato. Che la catarsi collettiva abbia inizio per tutti i ragazzi un po’ cresciuti che riempiono il Mandela Forum di Firenze, dove The Cure fanno tappa per la seconda data del Lost World tour dopo la prima a Bologna, la notte di Halloween. La tournée segna il ritorno in Italia del gruppo britannico e di Perry Bamonte alla chitarra, a 17 anni di distanza dall’estromissione del 2005 per “divergenze stilistiche”.
Dopo l’apertura affidata all’inedito “Alone”, che insieme agli altri due in scaletta comporrà la tracklist del prossimo annunciato lavoro (atteso da anni), i cuori pulsano ad ogni nota dell’inequivocabile intro di “Pictures of You” da “Disintegration” che è il disco che predomina nel primo dei tre set del live e da cui è tratta anche il successivo “Closedown”, dove Revees Gabrels si concede un raro momento solistico alla chitarra. La band è forse volutamente sottotono rispetto al canto trascendente di Robert Smith e sono ancor più rari i momenti in cui lui lancia la voce oltre al disco. A quella aggiunge solo la mimica corporea mentre si dondola e abbraccia con amore una delle sue chitarre.
La fase gotica lentamente avanza e viene rimarcata da “Play for Today” e dal parterre parte il coro degli affezionati, intrecciato a quello che non è più solo un giro di basso ma un manifesto generazionale per tutti i “dark kids” ai piedi del palco. I suoni un po’ più serrati e ma non per questo meno melanconici nella loro essenzialità, tipici di “Seventeen Seconds” riecheggiano anche in “At Night”, seguito da uno dei pochi singoli dei Cure, “Charlotte Sometimes” a cui il clown triste dai capelli allora corvini, gli occhi pesti e il volto pallido affidò all’epoca il suo alter ego femminile e romantico. Nella seconda parte è anche la scenografia a indicarci dove ci troviamo: in una chiesa gotica tipica del Sussex, proiettata sui pannelli alle spalle della band retta, senza troppa spinta, da Jason Cooper.
Dopo “I can Never Say Goodbye”, dedicata da Smith al fratello, il cielo si chiude tra gli alberi di “A Forest”, annunciata dalle chitarre e dal basso pulsante di Simon Gallup che echeggia ossessivamente fino alla fine, evocando il clima sinistro che pervadeva anche il video ufficiale di quello che è tra i primi, e forse più iconici, pezzi dei Cure. Ma è su “Lullaby” che il corpo del leader diventa strumento espressivo al servizio della sua stessa poetica musicale. In “Close to Me”, Smith mette via la chitarra e danza sul palco strappando un sorriso anche al tastierista Roger ‘O Donnell che intanto era rimasto serio e immobile per tutte le due ore e mezza del concerto.
Le melodie rischiaranti caratteristiche della fase synth rock illuminano l’ultimo set del concerto che scivola via tra “Friday I’m in Love” e “Hot Hot Hot!”. “In Between Days” ha la successione armonica giusta di accordi, piuttosto serena, per introdurre il finale di rito. Su “Boys don’t Cry” anche il palco si illumina di blu in sinestesia con le melodie aperte per rinnovare la nostalgia per l’infanzia perduta e per una adolescenza naufragata ma oltre al pianto c’è un fascio di luce finale. Tutti rientrano, Robert Smith si trattiene sul palco a beccarsi applausi e peluche dal pubblico e poi il saluto: Ci rivedremo ancora, è stato fottutamente bello. Il concerto finisce, ma il mito continua.
Articolo di Alessandra De Vita, foto di Francesca Cecconi
Set list The Cure Firenze 1 novembre 2022
- Alone
- Pictures of You
- Closedown
- A Night Like This
- Lovesong
- And Nothing Is Forever
- Cold
- Burn
- At Night
- Charlotte Sometimes
- The Hanging Garden
- Push
- Play for Today
- Want
- From the Edge of the Deep Green Sea
- Endsong
- I Can Never Say Goodbye
- Faith
- A Forest
- Lullaby
- Hot Hot Hot!!!
- The Walk
- Friday I’m in Love
- Close to Me
- In Between Days
- Just Like Heaven
- Boys Don’t Cry