Dopo due anni tornano dal vivo in Italia i The Pineapple Thief, attesissimi dai fan che ormai sentivano la loro mancanza, quest’anno data unica all’Alcatraz di Milano il 7 marzo.
Ad aprire il concerto e scaldare il pubblico ci ha pensato Randy McStine, chitarrista turnista dei Porcupine Tree, che con chitarra e voce ha presentato il suo progetto solista al pubblico con pezzi tratti dal suo ultimo ep “Unintentional”. Randy McStine è riuscito a catturare l’attenzione di tutto il pubblico che sembrerebbe essere rimasto molto entusiasta da questo inizio serata. Randy è rimasto dopo il live a disposizione dei fan per scambiare due chiacchiere.
La band britannica ha iniziato il tour il 20 febbraio per il suo ultimo album “It Leads To This” (la nostra recensione). Prima dell’inizio del concerto parte un annuncio, si chiede al pubblico di non filmare il concerto nel rispetto degli artisti e degli altri spettatori, una decisione più che comprensibile viste le distese di telefoni luminosi degli ultimi anni che impediscono di vedere gli artisti sul palco e di godersi l’ascolto della musica. Si intuisce subito che qui si fa sul serio, la musica non si prende sotto gamba, va rispettata. Siamo qui per ascoltare e non sono ammesse distrazioni, il rispetto che hanno i The Pineapple Thief per la musica lo si capisce sin dall’inizio del concerto, anzi prima che esso stesso inizi.
Ma finalmente eccoli sul palco, spaccano il minuto, come da programma alle 21:20 le luci si spengono e si iniziano a intravedere le ombre dei vari componenti che iniziano a prendere in mano i propri strumenti, iniziano subito urla e applausi dei fan. Attacca il concerto il riff potente di chitarra di “The Frost” tratto dall’ultimo album, un pezzo che fa luccicare subito gli occhi del pubblico emozionantissimo di rivedere la band dal vivo.
Dopo l’intro di chitarra parte la batteria, e lì si che il pubblico si sveglia, si sente subito la presenza sempre più preponderante del leggendario batterista Gavin Harrison, che rimane timido e concentrato dietro il suo grande strumento. Gavin Harrison ci lascia sempre a bocca aperta con il suo modo di suonare unico che si abbraccia perfettamente con la voce del frontman Bruce Soord. Interagendo poco con il pubblico, la timidezza che caratterizza Bruce fa sì che a primo impatto risulti riservato e distaccato. Ma grazie alla sua dolcezza e sensibilità, durante tutto il live riesce a creare un rapporto intenso con chi lo ascolta.
Il live prosegue con “Demons”, tratto dall’album “Versions of the Truth” (la nostra recensione) uscito nel 2022, il mio preferito della loro discografia. Continuano con “Put it Right”, brano dell’ultimo disco, per poi proseguire con “Our Mire” e “Versions of the Truth”, entrambi del loro penultimo album. La scaletta continua a saltare tra un album e l’altro, con immenso piacere del pubblico.
Tra tutti i brani del nuovo album, “Rubicon” rimane la mia preferita e ne ho avuto la conferma quando ho potuto sentirla dal vivo, l’intro marcata dalla batteria di Gavin Harrison accende il pubblico e ancora una volta fa sentire la sua presenza sempre più centrale all’interno del gruppo.
Non possiamo non citare il mitico Jon Sykes, bassista che accompagna Bruce Soord anche nei suoi progetti solisti. Le sue linee di basso rendono l’atmosfera ancora più avvolgente e calda, anche lui molto timido, non si sbilancia mai, ma unendosi con Bruce e Gavin, diventano una cosa unica in grado di affrontare qualsiasi cosa. La seconda chitarra e la tastiera sono altri due elementi fondamentali, suonati rispettivamente da Beren Matthews e Steve Kitch, se pur rimanendo un po’ più in ombra completano il quadro di questa strepitosa band.
La band saluta il pubblico con “The Final Thing on My Mind”, brano da dieci minuti tratto dall’album “Your Wilderness”. Dopo un concerto così emotivamente intenso, lasciarci con uno dei pezzi più belli è stato toccante, come un’ultima coccola al pubblico prima di andarsene…impossibile non avere le lacrime agli occhi. Invece no, il pubblico non ci sta, tutti vogliono il bis, la band torna sul palco con due grandi classici, “In Exile” e “Alone at Sea”. Dopo aver cantato tutti insieme questi due ultimi brani, la band si riunisce insieme nella parte centrale del palco e saluta il pubblico italiano, con la speranza di rivederli presto.
I The Pineapple Thief ti trasportano in quello che potremmo definire un universo prog, grazie alla potenza emotiva della loro musica in grado di far emergere una miscela di forti emozioni dentro chi li ascolta. La band ha tenuto il pubblico incollato al palco dall’inizio alla fine del concerto. Si entra in un mondo magico, dove tutto ciò che ci circonda passa in secondo piano, sono emozioni difficili da spiegare e non tutti sono pronti ad affrontarle. Non sono sicuramente un gruppo semplice, io stessa ho inizialmente faticato durante i primi ascolti, ma una volta entrati in questo mondo dispari, è difficile uscirne, e credo che nessuno voglia andarsene.
Articolo e foto di Irene Arditi
Set list The Pineapple Thief live Milano 7 marzo 2024
- The Frost
- Demons
- Put It Right
- Our Mire
- Versions of the Truth
- Every Trace of Us
- Dead in the Water
- All That’s Left Now It’s Yours
- Fend for Yourself
- Rubicon
- To Forget
- It Leads to This
- Give it Back
- The Final Thing on My Mind
- In Exile
- Alone at Sea