Il concerto che non ti aspetti. Che Thom Yorke e Jonny Greenwood siano garanzia di qualità è ovvio. Che l’album a firma The Smile “A Light For Attracting Attention” sia un lavoro ottimo, è cosa ormai risaputa. Non ti aspetti però che il concerto sia così bello, dunque, perché il repertorio è scarno, dato che è stato prodotto un solo album e, di fatto, in scaletta non ci sarà altro che quelle 13 tracce. Cosa ne verrà? Un mini show autoreferenziale? Non sarà così, perché i tre sanno trasformare la materia in esperienza sonora. Il trio, in altre parole, sa rendere la propria musica un flusso dinamico che muta forma e sostanza nell’esibizione live e che figlia inediti che arricchiscono di continuo questa esperienza sonora. Allo stesso tempo, che chi apre lo show – il sassofonista Robert Stillman – è davvero un musicista che merita di essere scoperto. Insomma, di concerti da piazza con questa capacità di sperimentazione e coinvolgimento non ce ne sono molti sul nostro territorio. Davvero.
Morale della favola, quello che doveva essere uno show breve e prevedibile si trasforma in un concerto del tutto imprevisto e che ha dimostrato, ancora una volta, come la frontiera della sperimentazione può funzionare nelle piazze e riscuotere ottimo successo di pubblico e di critica. Certo, serve osare e investire. Cosa non facile, soprattutto in Italia. Meno male che lo fanno gli artisti di altri Paesi e che vengono qua a portarcelo.
Robert Stillman apre lo show di Ferrara del 15 luglio, seconda data del mini tour italiano dei The Smile, con tre pezzi; tre movimenti per sax e consolle che subito catturano e spingono molti a recarsi al gazebo del merchandising per acquistare i due vinili in vendita, che andranno letteralmente a ruba. Campionature e sax legano bene tanto da rimandare alla miglior stagione del trio Medeski Martin and Wood e alle prove di mix fra jazz ed elettronica di Truffaz, senza dimenticare – in alcuni passaggi del secondo movimento – le frontiere del free jazz. Stillman, insomma, apre le porte delle sensazioni che Yorke, Greenwood e il batterista jazz Tom Skinner, terzo elemento della band, arricchiranno con la loro esibizione sul palco per oltre un’ora e mezza serrata.
Ciò che Stillman dissoda, i The Smile coltivano. Chi si preoccupa delle tracce in scaletta resterà sorpreso doppiamente. In primis perché la band esegue tre inediti rispetto al disco che, nel mentre, viene suonato integralmente; poi perché non ci sarà in scaletta neppure un brano dei Radiohead. O meglio, tecnicamente si potrebbe dire che la chiusura, affidata a “Feeling Pulled Apart by Horses”, sia una traccia del periodo Radiohead. In realtà si tratta di un singolo, autoprodotto, messo prima online e poi in vinile ’12, e che vede all’opera Yorke e Greenwood. Ergo, neppure questo è un brano dei Radiohead.
Già la prima riflessione è necessaria. Permettersi, infatti, di “snobbare” quel repertorio ha solo due possibili soluzioni, e cioè (sul modello Pink Floyd), si rinnega il passato percorso insieme alla band, oppure il presente è così ricco, abbondante e rigoglioso che non serve pescare in quell’esperienza passata. Visto e ascoltato lo show dal vivo di Ferrara, si può tranquillamente optare per la seconda soluzione.
I tre musicisti, Yorke compreso, appaiono in gran forma – e c’era un caldo terribile – e quest’ultimo, rispetto all’ultimo tour della sua band, appare davvero ispirato e galvanizzato dal progetto che porta in giro. “Thin Ting”, con la quale si apre il concerto, non solo è un gioiello ritmico, ma lo vede di spalle al pubblico (di 3/4, dai), ma sarà l’unico “sgarro” perché di fatto – pur se sempre con il contagocce – in realtà Yorke dialogherà, e lo farà pure in italiano, con il pubblico.
La disposizione a tre, in linea, fa capire che non c’è gerarchia in questo progetto ma sonorità che si compenetrano. Ed è davvero questo che si sente dalla nostra parte. Il blocco centrale dello show, e cioè “Bending Hectic”, brano inedito (ce ne saranno tre a fine serata, a testimoniare come questo progetto sia fluido e in divenire), “We Don’t Know What Tomorrow Brings” e “Skrting on the Surface”, è meraviglioso e acquista ancora più qualità sonora di quanto accade nell’album, dove le tracce sono distribuite in modo diverso rispetto al live.
La parte elettronica è davvero molto interessate, compatta e uniforme. La ritmica è di matrice new wave, con tinte rock. La chitarra di Yorke, ormai scomparsa ai tempi dei Radiohead, è al servizio di un flusso musicale uniforme e, a tratti, sembra davvero di ascoltare una suite fatta di suoni e sonorità contemporanee. Ancor più, in questa esibizione, si capisce come il progetto sia compatto e guardi alla stagione elettronica e, allo stesso tempo, al jazz sperimentale con particolare interesse. Anche l’innesto di Stillman in “You Will Never Work in Television Again”, brano dalle tinte rock, aggiunge corpo al suono e alla struttura della musica proposta.
La gente balla e lo scopo di Yorke & Co. è raggiunto perché The Smile, ed è chiaro già dai primi ascolti dell’album, come d’altronde lo è stato nel progetto Atoms for Peace, non nasce solo come produzione musicale d’ascolto. Il rimando ai Low è d’obbligo, non solo perché il palco è lo stesso (troppo evidente che si è preso in prestito la struttura al neon che è alle spalle del gruppo) ma anche perché questa sperimentazione esige un coinvolgimento fisico. Già nei suoi lavori solisti Yorke lo aveva fatto intuire, e cioè che la musica non la si ascolta stando fermi. Neppure lui ci resta fermo, anzi. In alcuni momenti sembra anche un artista grunge con tanto di chitarra “sbattuta” con le corde sull’ampli.
È davvero un bel flusso d’emozioni quello che solleva questa musica che, sorretta da giochi acidi di luci che consentono poco di vedere cosa fanno i tre sul palco, spinge ad allontanarsi, quanto meno per un’ora e mezza, da suoni troppo commerciali e dai pensieri che ognuno di noi porta con se in questi contesti. L’elettronica, dunque, ancora una volta sembra destinata a chiamare a raccolta chi vuole aver margini di sperimentazione liberi dal mercato e senza scadere nelle nicchie chiuse del jazz. Yorke, Greenwood e Skinner sanno attraversare i generi, e lo fanno in maniera splendida e testimonianza lo è soprattutto “Speech Bubbles”, uno dei brani migliori dell’album. Una ballad elettronica, che è anche un pezzo cantautoriale e, allo stesso tempo, una melodia di ricerca dove voce e suono diventano corpo unico.
Bellissimo momento, davvero. Dal vivo, poi, questa sensazione, che non è destinata all’ascolto, ma è di fatto un’esperienza sonora, acquista maggior corporeità. La musica non lascia indifferenti, non è fredda e distaccata. Merito della capacità di fusione dei generi che raggiunge, in molti momenti, la perfezione assoluta con basso, batteria, chitarra e rielaborazione elettronica che diventano flusso quasi da mantra. Giri ripetitivi che sono destinati a catturare la mente. Davvero bello. E senza effetti collaterali.
Il momento più Radiohead della serata è e resta “The Same” che apre i quattro bis che si chiudono con una tiratissima “Feeling Pulled Apart by Horses” con finale da vero concerto rock. Tempo ben speso, che ha saputo dilatarsi in un’esperienza sonora che necessita di silenzio, post concerto, per essere assorbita. Privilegio di pochi. Avete ancora tre occasioni per sentirli dal vivo. Il18 Luglio a Roma, Auditorium Parco della Musica – Cavea, e il 20 Luglio a Taormina, Teatro Antico.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Set list The Smile Ferrara 15 luglio 2022
- Thin Thing
- The Opposite
- Speech Bubbles
- Free in the Knowledge
- A Hairdryer
- Waving a White Flag
- Bending Hectic
- We Don’t Know What Tomorrow Brings
- Skrting on the Surface
- Under Our Pillows
- The Smoke
- You Will Never Work in Television Again
- The Same
- Bodies Laughing
- Just Eyes and Mouth
- Feeling Pulled Apart by Horses