24/11/2024

Holden, Bologna

24/11/2024

Giuse The Lizia, Torino

24/11/2024

Teho Teardo & Blixa Bargeld, Bergamo

24/11/2024

Theo Teardo & Blixa Bargeld, Bergamo

24/11/2024

Manitoba, Torino

24/11/2024

Savana Funk, Roma

24/11/2024

Irene Grandi, Palermo

24/11/2024

Goblin (Maurizio Guarino, Walter Martino), Torino

24/11/2024

Beatrice Antolini, Milano

25/11/2024

Giuse The Lizia, Milano

25/11/2024

Irene Grandi, Catania

25/11/2024

Discoverland, Grottammare (AP)

Agenda

Scopri tutti

Vasco Rossi live Rimini/Bologna

Vasco vince a distanza le grandi sfide con le star del Rock internazionale

Vasco torna live, e lo fa con il nuovo tour, il “Live Kom 2023”, che decreta l’ennesimo sold out in tutte le tappe del 2023. Noi abbiamo assistito al soundcheck, alla data zero di Rimini, il 1 e 2 giugno, e alla seconda tappa del 7 giugno a Bologna. Va subito detta una cosa, perché lo scorso anno su queste pagine (la nostra recensione), non esitai a sottolineare quanto una parte degli arrangiamenti, pensati da Vince Pastano, fossero troppo pop e pieni di orpelli. Poi, quest’inverno, il chitarrista venne in provincia di Mantova con il suo progetto “The Noisebreakers” (la nostra recensione), e il mio giudizio iniziò a cambiare, perché propose dell’ottima musica, rock e blues, con una versione di “Love is Blindness” degli U2 che ancora mi fa tremare dall’emozione. Quindi va dato a Cesare quello che è di Cesare: la prima novità di quest’anno è che Pastano ha restituito Vasco alle sue sonorità originarie. Lo aveva anticipato, nella fase delle prove, e la promessa è stata mantenuta. Un applauso, dunque, vero e sentito a Pastano. Non sarà l’ultimo, comunque, perché il musicista e direttore artistico di Vasco Rossi quest’anno ha fatto anche di meglio, e ne parleremo.

La seconda premessa, doverosa, serve solo ad aggiungere un altro tassello alla querelle, tutta italiana, della performance di Bruce Springsteen a Ferrara. Diciamolo per dire, ma davvero / Si ride per non piangere perché … Perché chi scrive, a Ferrara c’era, come d’altronde in tutti i tour del Boss dal 2003 (sotto la pioggia battente di San Siro) a oggi. Ha dell’incredibile che proprio lui non abbia detto nulla su quanto stava accadendo. Altrettanto incredibile, poi, è che non abbia parlato in generale. Se non un Ciao Ferrara…. Tutto il resto è chiacchiera. Questo è quello che è accaduto.

Vasco, dunque, vince a distanza – come succede dagli anni ’90 ad oggi, d’altronde – le grandi sfide con le star del Rock internazionale. Il caso ha voluto che partisse da Rimini. La sfortuna ha messo la Romagna al centro di un disastro. A quel punto Vasco si è mosso come avrebbe fatto qualsiasi artista (tranne Springsteen). Non dico dare soldi a pioggia. Basta, in questo Paese, fare la tara solo su quelli. Lo ha detto bene lo stesso Vasco, in varie interviste durante le prove a Rimini: noi artisti regaliamo gioia; per i soldi veri, ci deve pensare lo Stato.

Chi produce arte, però, ha quanto meno il ruolo di parlare, di far sentire la sua voce, di dire qualcosa alle persone che lo osannano. Per di più, se queste sono letteralmente in mezzo al fango. Springsteen non lo ha fatto. Punto. Vasco sì, e nelle due serate di Rimini è stato chiaro, arrivando anche a intonare, con lo storico bassista Golinelli, origini imolesi, “Romagna mia”. Non serviva molto, insomma.

Veniamo al live di Vasco perché le sorprese non sono mancate. Se la prima è già stata oggetto di analisi, e cioè i nuovi arrangiamenti decisamente più rock e meno pop, la seconda è stata la scaletta proposta. Il mistero delle settimane che hanno preceduto lo show è stato ampiamente ripagato. Vasco ha messo mano, in modo serio, alle sue 191 canzoni scritte fino ad oggi. Il risultato è stato una scelta di brani inattesi, simile, per certi versi, al tour del 2011 (e anche a quello del 2004/2005, testimoniato nell’“Antologia Live” omonima), con alcuni pezzi che da anni non erano più nel circuito dei concerti. Sia chiaro, chiunque vada ai suoi live show, non è del tutto interessato alla scaletta. Che sia importante è ovvio, ma chi va a questi live lo fa per altri motivi. Non tanto per essere parte di un rito, e neppure per partecipare ad una messa laica, come scrivono tanti.

Ci si reca ad un concerto di Vasco per cantare, condividere e sentire sulla pelle quello che in tanti stanno vivendo, insieme, anche a lui. In questi anni, e ormai sono 46, la vita spericolata, alla fine, non l’ha fatta solo lui, ma tutti noi. Quanto meno come collettività, e ne stiamo pagando tutti le conseguenze. A farne un elenco, questo finirebbe più per essere mutilato che completo. Quindi basti sapere che a Rimini, poco distante da me, c’era una nonna 78enne che si è fatta entrambe le date in piedi, nel prato, con due figlie e la nipote. Mentre accanto avevo una bambina di 6 anni, sulla testa del padre, che ha cantato tutte, e sottolineo tutte, le canzoni. Aggiungete solo, come variabile, che è quasi assente del tutto il target compreso fra i 16 e i 25 anni. Ora avete tutto per tirare le somme, e darvi una risposta alla questione del perché Vasco macina sold out.

Così, alle aperture perfette che – a mio modo di vedere – erano finora legate a tre tour (il via con “Credi davvero” nei 3 live di San Siro del 2003; “Lo show” per i concerti del 1993 e del 2016, e, per finire, “… Muoviti” in Fronte del Palco), se ne aggiunge una quarta: quella del tour di quest’anno. Lo show, infatti, si apre con “Dillo alla luna”, canzone del tutto inattesa come inizio ufficiale. Primo, perché è un pezzo lento, una ballad. Poi, perché è preso da “Liberi Liberi”, nell’anno in cui “Bollicine” compie 40 anni. Infine, perché un concerto preannunciato come rock, e che parte con un brano lento e poetico, è già meraviglioso di per sé. Mi ha ricordato i Pearl Jam, che nel 2014, a San Siro, iniziarono il concerto con “Release”, con tanto di stadio che la cantava a squarciagola. Qui è la stessa cosa. Sui maxischermi scorrono immagini della luna, Vasco appare scuotendo la testa, conscio della sorpresa fatta ai suoi fan, e segue la chitarra morbida di Pastano. Poi, dopo un inizio così perfetto, non si può che continuare con una scaletta che spiazza. Ed era ora.

Vasco pesca a piene mani dal passato, con “Stendimi” e “Rock’n’Roll Show”, e dal trapassato, con “Ogni volta” – che è vero, mancava solo dal 2017, ma che è anche, come sottolinea la gente emiliana, un pezzone, mamma mia. Dagli anni ’90 – ultima esecuzione nel 1993 – arriva “Domani sì, adesso no”, proposta in modo integrale, dopo essere stata tagliata, negli anni, in vari medley. A quel punto si entra nel solco noto, con “Ti prendo e ti porto via”, e due brani (saranno quattro in tutto) dell’ultimo lavoro discografico, già protagonista però del tour del 2022. Direttamente dai concerti con Will Hunt alla batteria, arriva “Manifesto futurista della nuova umanità”, che chiude la prima parte dello spettacolo. Fino a qua la cronaca, che leggete pure su setlist.com.

Quello che non potete conoscere è che Pastano, appunto, ha costruito arrangiamenti che, finalmente, mescolano bene la base del Rock – batteria, basso e chitarre – con i fiati che, quest’anno, non producono più l’effetto stacchetto alla Demo Morselli (cosa imperdonabile, non me ne voglia il produttore artistico, su “… Muoviti”, nel 2022). Questa volta Pastano fa un eccellente lavoro, e riporta Vasco alle origini. Non dico alle atmosfere del live “Va bene, va bene così”, ma poco ci manca, con i giusti accorgimenti dovuti anche alla nuova qualità di impianti ed elettronica. Prima dell’intermezzo, dunque, si capisce anche un’altra cosa, e non di poco conto.

Nella seconda parte diventerà evidente, ma già qui la si nota. Pastano, quest’anno, ha fatto un passo indietro. Non solo lasciando a casa Beatrice Antolini – eccellente musicista, che però con il mondo sonoro di Vasco poco c’azzeccava (la nostra intervista) – ma anche dando praterie di spazio a Burns. Questo è l’aspetto più inatteso di questo tour 2023. Applausi, dunque, per Pastano, sinceri, perché ha dimostrato di essere artista vero. Poi, nelle parti che si ritaglia, suona come nei “The Noisebreakers”: tante note, è il suo stile, ma con un mood rock molto intenso, pulito e puro. Gli applausi sono tutti meritati, e forse pure troppo pochi.

L’intermezzo è ancora un’altra novità. Le immagini lunari tornano sugli schermi. Sul suolo di una luna/terra desertica resta il busto di Vasco. Forse, dati i numeri del Rock in Italia, è davvero così. Non rimane che questo grande show, capace di muovere migliaia di anime da ogni parte d’Italia, per farle ballare, cantare, piangere ed emozionare per 2 ore e 30 minuti (con qualche sosta fisiologica). Il suono dell’intermezzo è a tinte prog, con un’anima centrale psichedelica, grazie alla Lap Steel di Pastano, per arrivare alla morbidezza rock di un pezzo solista di Burns, “Echo Lake”, che lo vede protagonista al centro del palco. Si prende i meritati applausi, ma questi devono essere equamente divisi con tutta la band e, soprattutto, con il capomastro Pastano.

La seconda parte dello spettacolo regala una nuova sorpresa. Mai come questa volta Vasco è politico, montando insieme le canzoni con un ordine preciso. Fatto non del tutto insolito, ma neppure così smaccatamente evidente per il Nostro. Si parte con “Undicesimo comandamento”, poi “C’è chi dice no” (con il rocker modello Che Guevara, su sfondo rosso, nel triangolo al centro del maxischermo). A seguire “Gli spari sopra”, e dopo due intermezzi che paiono sviare, arriva il colpo di grazia con “T’immagini” (canzone amatissima da “Cosa succede in città”). Il ritornello “favole, favole, favole”, fatto ripetere a gran voce dal pubblico, porta Vasco a snocciolare nomi di politici, di partiti, di vecchie ideologie e nuovi populismi. Diverte e si diverte, come dicono quelli che sanno fare sintesi.

Poi si balla tutti insieme, con seni al vento, e reggiseni che volano, sulle note di “Rewind”, la canzone che tutti i detrattori di Vasco conoscono solo per il ritornello, non di certo per il resto del testo. Tanto meno, poi, sono a conoscenza dei grandi classici come “Vivere”, intonata poco prima, o quelli che arrivano nel finale, e cioè “Canzone”, eseguita in versione integrale, e “Sally”, brani che i detrattori magicamente dimenticano in nome del famigerato la la la la la, fammi vedere. “L’amore, l’amore”, chiude il set, con Pastano e Burns finalmente insieme, al centro della passerella, a snocciolare note alla velocità della luce, ma sempre con morbidezza e grande equilibrio. Un vero spettacolo per chi ama le sei corde. Il rodaggio poi fa sì che il duetto a Bologna sia decisamente migliore di quello di Rimini, e lo sarà sempre di più, di concerto in concerto.

La terza sezione, l’ultima, è quella poetica, con Vasco che si diverte a cantare, e a far cantare. Arriva il bassista storico, Claudio Golinelli, il “Gallo”, e con lui parte un medley, assente da tempo. Ad essere sinceri non se ne sentiva la mancanza. Tuttavia, sempre in nome dell’onestà, con 71 anni di vita spericolata sulle spalle, non si può pretendere di più di quanto Vasco porti in giro per l’Italia.

Così il medley ci sta, perché fa cantare; produce effetto falò in spiaggia, e permette di recuperare altre perle, da “Come nelle favole”, alla rarissima “Non l’hai mica capito” (assente dal 2011), passando per “Cosa ti fai”, “Il Blues della chitarra sola”, “Ormai è tardi”, “Incredibile romantica”, per chiudere con l’esecuzione integrale di “Ridere di te”. Di “Sally” abbiamo già detto, e non potrebbe mancare (provate a togliere “Alice” a De Gregori, oppure, ai tempi, “Marinella” a De André, o “La cura” a Battiato…). Una canzone che, da sola, in versione live cantata dall’autore, giustifica il costo del biglietto, il viaggio, le code, le attese, il mal di gambe, le birre calde a 7 euro (anche a Bologna), i tappi delle bottiglie dell’acqua fatti lasciare fuori, come l’Autan e l’Amuchina.

Il finale, fin qua, non è rock, ma poetico. Altra piacevole sorpresa, insomma, prima del giro di basso più famoso del Rock made in Italy, quello di “Siamo solo noi”, ad opera di Golinelli. A Bologna Vasco ha voluto ricordare che questo pezzo storico, ma direi generazionale, è nato qui dietro, a 100 metri dallo stadio. Una mattina, mi è venuta così… La storia è cosa nota. Il concerto, sia a Rimini, che a Bologna, si chiude in modo classico: piano e voce per “Vita Spericolata”, poi canto, insieme e corale, su “Albachiara”, per finire con fuochi d’artificio (solo a Rimini), come è consuetudine dal 2017.

Tutto questo per arrivare a fare sintesi finale e ricordare che, alla fin fine, è solo “Un rock’n’roll show”, come Vasco ha cantato in apertura del concerto. Poi, ad un certo punto, a Rimini, il rocker ha ricordato che vorrei fare un discorso, ma per ora parlo con le canzoni, che è meglio. Il senso dell’evento dei live d’inizio estate, dunque, è riassumibile in questo amore popolare, in senso nobile, del termine, per Vasco, per la sua storia, per la sua musica, per le sue parole e, dunque, per la sua credibilità.

Un saggista, Alessandro Alfieri, nel 2011, scrisse un libro dal titolo “Vasco, il male. Il trionfo della logica dell’identico” (Mimesis), dove si leggeva: Consegnandosi alla logica dell’identità perpetuata, ed avendo esaurito il valore artistico di una ponderata corrispondenza tra icona visiva e composizione musicale, Vasco si fa espressione del Male contemporaneo reiterando a prescindere da tutto il suo indiscutibile successo. Il problema, però, è che l’Italia non è diventata un Paese menefreghista, poco attento, egoista, incapace di indignarsi, povero di valori e sempre più mancante di esempi virtuosi, perché ha fatto sua la “Vita spericolata” di Vasco Rossi.

Quella era solo una canzonetta, e per di più di Sanremo. L’Italia è diventata ben peggiore di quello che il rocker sembrava incarnare. E non di certo, appunto, per colpa del cantante. Il senso di essere tutti insieme qua, ogni anno, è che serve esserci per ricordarci chi siamo. Generazioni varie, spesso sopravvissute, che ne hanno passate, o ne stanno passando, ma che lo fanno, e affrontano il tutto, insieme. E con il sostegno anche di semplici canzoni. Poi certo, si viene al concerto anche per celebrare Vasco, ovvio, ma anche per ricordare, a noi stessi e a noi stesse, come è solito gridare lo stesso rocker alla fine dei suoi show, che ce l’abbiamo fatta, tutti e tutte, insieme a lui, ad essere ancora qua. E pensare che sembrava la fine del mondo….

Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana

Set list Vasco Rossi Rimini / Bologna 2 e 7 giugno 2023

  1. Dillo alla Luna
  2. Stendimi
  3. Rock’n’roll show
  4. Non sei quella che eri
  5. Ogni volta
  6. Domani sì, adesso no
  7. Ti prendo e ti porto via
  8. Una canzone d’amore buttata via
  9. Un respiro in più
  10. Manifesto futurista della nuova umanità
  11. Interludio 2023 / Echo Lake
  12. C’è chi dice no
  13. Gli spari sopra
  14. Se ti potessi dire
  15. Vivere
  16. T’immagini
  17. Rewind
  18. Siamo soli
  19. Canzone
  20. L’amore l’amore
  21. Romagna mia (Rimini)
  22. Come nelle favole / Non l’hai mica capito / Cosa ti fai / Il blues della chitarra sola / Ormai è tardi / Incredibile romantica / Ridere di te
  23. Sally
  24. Siamo solo noi
  25. Vita spericolata
  26. Albachiara
© Riproduzione vietata

Iscriviti alla newsletter

Condividi il post!