Il teatro San Luigi di Castel Goffredo (Mantova) ha portato in scena il 12 novembre 2022 il concerto del chitarrista Vince Pàstano, da anni al fianco di Vasco Rossi, del quale è anche produttore dopo la morte di Guido Elmi. Invitato dalla locale scuola di musica J. Pastorius, realtà che, con il Musicante di Soiano del Garda (BS), aveva già realizzato questa estate il concerto di Paul Gilbert (la nostra recensione). Ora, fedele al progetto educativo portato avanti dal chitarrista Mario Chiesa, direttore delle scuole e del progetto For Freedom Music, che nasce per far suonare i professionisti della musica accanto ai giovani e alle giovani delle scuole, si è deciso di invitare Vince Pàstano con il suo progetto solista Noisebreakers, band che lo vede al fianco di Tony Farina (cantante), Davide Barani (basso) e Vincenzo Matozza (batteria).
È stato un concerto davvero inatteso, ricco di emozioni. Che Pàstano sia uno dei più importanti chitarristi di ultima generazione è dato ormai assodato. Le sue collaborazioni con i migliori cantautori italiani lo certificano. Come d’altronde l’endorsement ricevuto da Guido Elmi e da Vasco Rossi, che ne hanno fatto il produttore e chitarrista del progetto musicale del rocker di Zocca. Ecco, come scritto già nel live report del concerto di Vasco ad Imola di quest’anno (la nostra recensione), quel suono rock, troppo poco duro, in certe parti dello show, non mi convince. Non è di sicuro tutta colpa di Pàstano, ma è altrettanto vero che il suo arrivo ha fatto deviare il Rock di Vasco verso suoni meno duri, e più accondiscendenti, e per questo vicini al gusto del pubblico di massa. I risultati, in termini di numeri, comunque pagano, nulla da dire.
Quindi, al concerto di Pàstano sono andato con qualche perplessità, e pronto ad ascoltare uno show di pop-rock, con tanto virtuosismo, arte della quale il chitarrista è vero maestro. Tutto sbagliato, tutto da rifare, per citare un grande libro del passato. In primis perché Pàstano ha portato e proposto una scaletta a forte trazione blues. E buon Blues fra l’altro. Nel corso del concerto propone nuovi arrangiamenti anche di sacri grandi classici come “Black Dog” dei Led Zeppelin, tirandone fuori un “nuovo” Blues davvero molto ben fatto, che non fa perdere la potenza originaria (e che guarda anche ad alcune esecuzioni portate in scena, da Plant solista, negli ultimi anni).
Mi scendono letteralmente le lacrime per la rilettura che Pàstano propone di “Love is blindness”, capolavoro finale di Achtung Baby degli U2. I puristi si potranno pure arrabbiare, ma mi sento di dire che questa versione è quasi migliore di quella originale. Complice, in tutto questo, anche la voce di Tony Farina, ma avrà il suo spazio in questo scritto, a breve. Il lamento di Bono, nel cantare il dolore della perdita dell’amore di The Edge, diventa qui un canto blues straziante, ma non disperato. La chitarra accompagna la voce che diventa, così, una vera melodia da fiume. E pensare che l’originale non ha nulla a che vedere con questo ambiente. Esecuzione meravigliosa, e mi mangio le mani di non averla filmata. “Never in my life” di Gail Collins, poi, è semplicemente perfetta. Tutta la parte blues è davvero ben curata, e anche il virtuosismo di Pàstano è sempre al servizio dei pezzi, mai fine a se stesso. La macchina della sua band è ben oliata, e i quattro sono davvero capaci di trasformare il San Luigi in un locale blues.
Il pubblico, forse, si aspettava più cover conosciute, come d’altronde io quando mi sono seduto, con l’esecuzione quindi di brani più vicini ai gusti mainstream. E invece Pàstano non solo ci spiazza, cosa gradita, ma dà lezioni di chitarra, e anche d’ascolto. Una serata Blues è pura ricchezza, per chi vuole ascoltare. Ci ricorda poi, con Tony Farina, che il Blues viene dall’anima; dagli Stati Uniti profondi, ed è una musica, spesso, che canta la sofferenza. Ne deriva davvero uno dei migliori concerti visti e sentiti su questo piccolo palco. Anzi, avendo partecipato a tutti, posso dire che è stato, tecnicamente e a livello di scelte musicali, il migliore andato in scena. La scelta quindi di portare un repertorio figlio del Blues ha permesso di far conoscere e ascoltare grandi classici che ormai sono solo appannaggio dei tombaroli musicali.
C’è spazio anche per alcuni pezzi dell’omonimo album (cd e vinile) “Noisebreakers” (su Bandcamp si trova anche in digitale, è un lavoro da avere in casa). Il primo pezzo “Don’t you want that” apre anche la serata di Castel Goffredo. Quando esce sul palco Farina, non me ne voglia davvero, non sembra avere la stazza e neppure il dress code del bluesman (cosa che invece ha Davide Barani). E invece, fin da subito, mostra di avere ciò che conta davvero per essere un bluesman: e cioè la voce.
Posso dirlo in modo diretto e schietto? Che meraviglia, davvero. Motivo in più per comprare l’album. In “Don’t you want that” Farina fa capire subito di che pasta è fatto. Ha una voce che si estende dai toni bassi all’alto gridato, toccando quasi il sacro livello di Plant. Su “Black Dog”, con molta naturalezza, ci si avvicina, e di parecchio all’Olimpo. In “You’are always there” il Blues si contamina con dell’ottimo Rock ruvido, e il mix che ne esce è di altissima qualità (e così mi piace pensare, per l’anno prossimo, a un Vasco arrangiato proprio in questo modo… sarebbe magnifico, con un ritorno così al suono degli anni ’90, lasciando da parte quello degli ’80 che ormai imperversa). C’è spazio anche per altri due brani dell’album, e per fortuna data la qualità, e sono “The sinner” e “Suicidal Queen”, due pezzi tirati che valorizzano tutta la band. Ogni componente, qui, è messo in risalto, e questo fa davvero onore a Pàstano. Tutta la band che interpreta al meglio la serata. “Suicidal Queen”, inoltre, è davvero un grande pezzo oltre il quale, dopo questo Rock a tinte blues, è davvero difficile andare. E invece Pàstano ha ancora un asso nella manica, ed è la versione magnifica – non ci sono altre parole – di “Alabama Train” di Louisiana Red.
Pur se il muro sonoro al quale ci ha abituato con “Suicidal Queen” cala d’intensità, ma questo ha fatto finalmente breccia nel pubblico che entra completamente nello show. A questo punto sembra di essere davvero in un locale blues, negli States. Quelli dei film, con i musicisti che coinvolgono, e con il pubblico che danza e si muove libero dall’estetica dell’ascolto. Farina non si risparmia, e sembra davvero che abbia voce infinita, soprattutto nella parte alta che porta a sporcare la pulizia della sua timbrica. Queste tonalità erano emerse nel corso del concerto, ma mai così nitide fino a questo punto. Pàstano regala passaggi poetici, ben diversi dai suoi virtuosismi con i quali, però, non ha affatto dominato la scena. Gli vanno fatti solo complimenti per come ha lavorato con questo gruppo e, soprattutto, per le belle parole che ha dedicato ai ragazzi e alle ragazze giovani che hanno aperto il suo concerto. Davvero, ce ne fossero di musicisti così.
L’unica vera critica a questo show, se di critica si vuol parlare, perché in realtà è solo questione di gusto, riguarda il bis finale. La scelta cade su un grande classico, e cioè “Purple Haze” di Jimi Hendrix. Farla uguale non ci piace, anche perché vorrebbe dire confrontarsi con un mito che ha già fatto quanto di meglio. Ci abbiamo messo le mani, come facciamo di solito spiegano, in sintesi. Sentito quanto fatto con “Love is blindness” e “Black dog”, io fremo letteralmente sulla sedia. E invece qui il lavoro di decostruzione è totale. Il tema resta, ma il pezzo è stravolto. Peccato, davvero, perché sarebbe stata, ma forse solo per me, la ciliegina sulla torta di un concerto che vi consiglio di vedere e di andare ad ascoltare.
Di alta qualità blues così, in giro, ce n’è davvero poca. Allo stesso modo di voci intense, calde, capaci e virtuose come quella di Farina. E diciamola tutta, anche di un duo, Pàstano e Farina, così ben affiatato e attento a questo genere, ce ne sono pochi in circolazione. E fatevi un bel regalo, dato che Natale si avvicina, recuperate l’album … Non ve ne pentirete.
Articolo di Luca Cremonesi
Foto di Giulia Venturelli / Chaoslab
Setlist Vince Pàstano e Noisebrakers live Castel Goffredo (MN) 12 novembre 2022
- Don’t you want that
- Black hearted woman
- A little higher
- Love is blindness
- I loved you
- Black dog
- Never in my life
- You’are always there
- The sinner
- War pigs – hope tuonare feeling
- Freedird
- I loved another woman
- You don’t love me
- 4 day creep
- Suicidal Queen
- Alabama Train
- Purple Haze