Dicembre: mese di bilanci, si tiranno somme e conclusioni sull’anno che sta per terminare, ci si prepara alle imminenti feste. Non sia mai che io festeggi in modo standard, facendo shopping sfrenato o preparando ricette culinarie degne di uno chef stellato: proprio no, io festeggio a livello extreme il 20 dicembre al Circolo Arci Bellezza di Milano, e lo farò col mio solito urlo di battaglia che mi contraddistingue e col quale vi ho sfiancati tutto l’anno: speriamo di uscire vivi di qui. Al mio arrivo tutto è ancora tranquillo, i fan non sono nemmeno in coda per entrare in sala concerti, ma aspettano chiacchierando del più e del meno come se stessero passando di lì per caso.
Quando mancano cinque minuti all’apertura delle porte, per mezzo di un incantesimo, o di un richiamo che sentono solo loro, arrivano tutti alle mie spalle, impazienti e carichi come molle. Quello che mi aspetta già lo so, sono pronta: lasciate ogni speranza, voi ch’entrate, anzi, io la speranza non l’ho nemmeno portata. Il palco attende solo l’arrivo degli artisti, pronto, completo, ben illuminato e già un po’ fumoso altrimenti non ci si diverte. Ambitissimo il posto in prima fila, non esiste transenna, niente, ci si spalma da eroi direttamente sulle casse.
Apre la serata Elton Novara, cantautore polistrumentista milanese; allievo di Cesareo, nasce come chitarrista virtuoso, vanta un’attività live molto intensa che lo vede condividere il palco con artisti di caratura nazionale nonché turnista per molti di loro.
Proponendo la sua musica a un pubblico sempre più fedele, diventa un artista di culto nella scena di Milano: tantissimi i fan devoti presenti in sala, che cantano e si divertono come matti, e altrettanto fa anche chi come me lo conosce per la prima volta. Impossibile non sbellicarsi alle sue battute tragicomiche come i suoi testi, con i quali comunica con linguaggio universale e indolente i disagi che derivano dall’appartenere al vorticante turbinio del music business, l’inquietante rappresentazione del proprio suicidio artistico, sempre con una tendenza assolutamente ironica nella sua voce dal timbro sofferto e di grande bellezza cantautorale.
Anima camaleontica e inquieta, col suo mix di elementi funky, rockettari e parole surreali, mi sento a casa col suo “Gallarate Blues”, si fatica a stare seri mentre qualcuno in sala urla Gallarabia!, che è il nome con cui noi di Varese e dintorni chiamiamo questa località. Sì, ma non mi faccia ridere, se facciamo gli scemi in due sembriamo Stanlio e Ollio, replica Novara che cerca con non poca fatica di non ridere troppo.
Grande e costante interazione ricambiata a piene mani dal pubblico; dev’essere stata ben comica la scena mentre Elton ci chiede muovete la spalla così, poi muovete le mani così, poi basta perché non ne conosco altre. Ci osserva e si diverte: che bello, sembra di essere a un rave!
Ne avremmo voluto di più di Elton Novara, c’è chi chiede urlando un bis, altre canzoni, ma il tempo è tiranno ed è giunta l’ora di sgomberare il palco: Non si può, ci inculano, è il saluto di Novara indicando ai lati il personale già pronto a preparare tutto per gli headliner.
Come dicevo all’inizio, sapevo già cosa mi aspetta, perché i Vintage Violence stanno per esibirsi: loro non sono un gruppo qualunque, loro sono il mondo intero che ruota attorno al focoso frontman e vocalist Nico Caldirola e ai suoi ragazzi.
Se possibile, il pubblico si accalca ancora di più in prima linea, chi è dietro cerca con ogni mezzo di riuscire a intrufolarsi sotto palco. Non c’è un pezzo di pavimento visibile in sala, tanto è gremita.
In pista dai primi anni del 2000, gruppo storico dell’Underground Punk e Garage Rock italiano, hanno nel curriculum più di 400 concerti, 7 album, 28 videoclip, un greatest hits uscito nel 2022 in occasione del loro ventennale e festeggiato con un sold out pazzesco allo storico Bloom (il nostro report) e uno stuolo di astanti che devoti è dire proprio poco: sono fan, sono amici, soprattutto sono innamorati dei Vintage Violence. Innamorati perdutamente, è il caso di dirlo, e anche stasera il concerto incassa l’ennesimo sold out.
Provocanti, esplosivi come una bomba a mano, hanno segnato la loro vita artistica con esibizioni martellanti, un rapporto col palco viscerale, sanguigno, estremo, fin dal primo giorno in cui ci hanno messo piede, così come istintivo e totale è il rapporto con i fan. All’ingresso degli artisti si scatena uno tsunami di urla e applausi, che aumenta di intensità al solo apparire dell’ombra di Nico Caldirola.
Ci sono persone che riescono a indovinare titoli di canzoni dalle primissime note: io no, però so riconoscere i gruppi dalla quantità e dalla forza delle ginocchiate che mi prendo nei reni. Questo mi aspettavo e questo ho avuto, esattamente come la prima volta che li ho visti: e come quella volta, ho capito istantaneamente che è del tutto inutile provare a resistere con la forza, con i Vintage Violence non puoi far altro che mettere a nudo la tua essenza e farti trasportare dal fuoco inarrestabile che questa band sprigiona.
Se ne esce ustionati nell’anima, e loro sono navigatori esperti, implacabili, di questo mare di fiamme artistiche. Speriamo di uscire vivi di qui, dunque, mentre il pubblico talmente serrato inizia a saltare facendo saltellare di riflesso anche me, malgrado le macchine fotografiche al collo, denti stretti e occhio sul mirino. Se ne esco viva vado ad accendere una candela in Duomo, penso.
La scaletta, una chicca golosa che straborda dei brani più amati dal pubblico, inizia con “Sono Un Casino”, il nuovo singolo rilasciato il 26 gennaio 2024 per Maninalto! Records, brano schietto e tutt’altro che banale, sopra il fill incalzante della batteria di Beniamino Cefalù, che fa subito la parte del leone dall’alto della sua postazione fumosa e sempre un po’ in ombra; lo si vede meno rispetto agli altri membri, ma lo si sente eccome mentre scarica granate potenti come un treno merci.
Le canzoni scorrono una dopo l’altra senza praticamente sosta, in un vortice di sudore, pogo che fa spalmare noi in prima fila sul palco dalle spinte che arrivano a ondate regolari; non ci si perde in chiacchiere, la setlist è davvero corposa, quindi via in una tirata fino in fondo. Via così, ininterrottamente per tutta la sera, trattenuti a stento per non so quale intercessione divina, un fiume in piena di adrenalina e di istinti primordiali, di mani alzate e corpi che si dimenano, di voci che cantano perfettamente tutti i testi all’unisono con Nico.
Giunge anche il momento alcolico e atteso del sorso di Braulio direttamente dalla bottiglia tenuta in mano dal frontman: mentre passa a battezzare e benedire i fan in delirio totale mentre sorseggiano, osservandolo con occhi carichi di un’ammirazione, un amore e una devozione difficili da spiegare, ne approfitto per sdraiarmi mezza e fotografare gli altri artisti. Cosa non si fa, gente!
Solitamente, ai concerti punk si surfa sulla folla oltre che pogare, e noi siamo abituati a vedere l’esuberante Nico farlo, seguito a ruota dai più audaci, lo aspettavo al varco, per la verità: ma a parte un fan che mi ritrovo quasi seduto in testa e che accetto con assoluta nonchalance (Ce l’avevi sopra! mi fanno notare le persone al mio fianco, stupite che non fossi turbata dalla situazione, ma ormai non è certo una persona che mi atterra in testa a sconvolgermi ) questo non avverrà stasera, vuoi che le persone fossero veramente appiccicate al bordo palco, vuoi che le condizioni non fossero ideali.
I testi delle canzoni sono una galoppata tra vari riferimenti generazionali che vanno dai racconti universitari all’antifascismo, il vivere quotidiano della nostra epoca tra social network, frenesie, dispersione dei valori, ansie assortite che in un brano come “Zoloft”, almeno inizialmente più pacato, trovano soluzione nel famoso antidepressivo.
“Dicono Di Noi” è una divertente raccolta di tutti i pareri raccolti dalla band attraverso i vari canali, e scopriamo così che qualcuno li ha anche definiti satanisti: sembra uscita da un disco di Elio e Le Storie Tese.
I Vintage Violence hanno il sacro dono delle frasi a effetto e Caldirola, incazzato a puntino, ma dal cantato sempre limpido e nitido, ci elenca le varie magagne del mondo, senza indorare la pillola in nessun modo, perché l’importante è raccontare le cose, rigurgitarle in faccia col chiaro intento di scandalizzare, di colpire forte e duro, senza far mancare una lucidità critica invidiabile mentre ghigna satireggiando: così in “Abbronzarsi Il Culo” si proclama che Fare musica in Italia è come abbronzarsi il culo / se ne accorgono solo in pochi se non lo dai via oppure Mai rivedrai i soldi che dai a quei figli di puttana della SIAE.
Anche se si esprimono con un Punk Rock ironico e orecchiabile, i Vintage Violence sono incazzati neri davvero, e ce lo dicono con ritmiche incessanti, chitarre taglienti, graffi e rabbia a iosa. Il concerto ha termine con la loro uscita, nuda e cruda come la loro potenza, senza inchini, senza fronzoli, senza ricami o ringraziamenti, bando alle ciance, e che cazzo.
Lasciano dietro di loro un palco che pensavo di vedere andare a fuoco, una sala madida di sudore sui mobili e sul pavimento che sembra essere stato preso a secchiate d’acqua, persone che si rivestono, persone che si cambiano maglietta, persone che fanno sparire le scalette cartacee con la velocità del fulmine. Ecco come mi sono preparata per le feste (o conciata per le feste, che dir si voglia), con la performance a dir poco distruttiva dei Vintage Violence. Con le vertebre scricchiolanti, ma viva, esco a respirare l’aria della notte. In Duomo, c’è una candela che attende di essere accesa!
Articolo e foto di Simona Isonni
Set list Vintage Violence Milano 20 dicembre 2024
- Sono Un Casino
- Finiremo Tutti In Ospedale
- Dio è Un Batterista
- Capiscimi
- Il Processo Di Benito Mussolini
- Natale Lavavetri
- Zoloft
- Primo Ostacolo
- Neopaganesimo
- Abbronzarsi Il Culo
- Capiscimi II
- I Funerali
- Vivere In Un Bilocale
- S.I.A.E.
- Astronauta
- Dicono Di Noi
- Piccolo Tramonto Interiore
- Il Nuovo Mare
- I Non Frequentanti
- Metereopatia
- Le Bariste Dell’Arci
- Caterina
- Senza Paura Delle Rovine