Forse immaginate il critico musicale come un onnisciente censore che attende ogni nuova opera da recensire con un paniere di giudizi pronti. Se è così non sono un critico, visto che per recensire “Blood, Hair And Eyeballs” di Alkaline Trio, fuori il 26 gennaio per Rise Records, sono andato a riascoltarmi tutta la discografia di questa storica band che da più di un ventennio solca la scena rock e pop punk, per essere sicuro di formulare un giudizio valido.
Il responso è che mi sono ritrovato in un continuum che, non negando la differenza fra un album e l’altro, e notando un’evoluzione e anche le virate di stile, è una materia sempre coerente per la costruzione delle canzoni e di un immaginario che sembra non risentire del passaggio del tempo, se non per constatare che i problemi dell’umanità non sono diminuiti. Tant’è vero che il titolo, “Blood, Hair And Eyeballs”, è una frase che la madre di Skiba, ex infermiera, usava per riferirsi a situazioni che stavano sconfinando nel parossismo, esattamente come il mondo sta andando oggi.
Raramente questa band sbaglia un album perché non ci si aspetta da loro che questo, una raccolta di canzoni che sprigionano sempre la stessa energia, magari più lucidate che nei primissimi album, magari con suoni extra power trio come campane o piano (presente la tastiera di Curtis Mathewson in due brani) però caratterizzate in modo nuovo e con invenzioni compositive, sempre emozionali senza essere Emo, all’intersezione fra la New Wave e i Punk con i loro temi dark e macabri.
Stavolta si tratta di canzoni nate, confezionate e cresciute in studio, come ai vecchi tempi, e non uno studio qualunque, ma lo studio 606 di Dave Grohl, che ha ispirato il Trio a buttare via gli appunti e ricominciare tutto daccapo insieme. Tutto sotto l’occhio e l’orecchio vigili di Cameron Webb, che ha contribuito a mantenere il materiale fresco e senza fronzoli. Sentiamo come.
“Hot For Preacher”, forse gioco di parole su un titolo vanhaleniano, si porta dietro il titolo “di lavoro” che nel processo compositivo, che ha visto la parte cantata e le liriche create dopo aver registrato le parti musicali, tutti i brani hanno avuto; alcuni hanno cambiato titolo una volta arrivato il testo, altri, come questo, no. Apre con un riff quasi metal e una voce riverberata dagli echi anni ‘80 che porta a un ritornello staccato dalla metrica che riecheggia i Blink quelli storici, per poi tornare nel mood quasi new wave della strofa. Il batterista Derek Grant, uscito dal gruppo dopo l’incisione di questi brani, e il bassista e cantante Dan Andriano, fanno qui un gran lavoro di basso e batteria, che costituisce un po’ il testamento di Grant, sostituito dall’amico di sempre Atom Willard, conosciuto più che per altro per essere stato con gli Angels & Airwaves di Tom DeLonge. La voce caratteristica di Matt Skiba, provata dalle operazioni, è sempre riconoscibile ma suona più tranquilla.
Anche “Meet Me” ha un riff più metal che punk, e sfocia poi in una strofa di voce accompagnata da frasi congiunte di basso e cassa che ricorda più Morrissey che il Punk, mentre le rullate accompagnano a un ritornello accompagnato da un obbligato di chitarra. In questo brano, come in altri dell’album, appare come ospite la voce femminile della cantautrice chicagoana Jamie Blake.
“Versions Of You” è ancora più singolare, nel suo arpeggio frammentato di chitarra distorta, su cui la voce di Andriano si spiega doppiata o alternandosi a quella dal compagno in un brano Rock dal ritornello verboso come nella migliore tradizione di questa band. “Bad Time”, dal riff deciso, presenta ancora un lavoro di batteria quasi commovente mentre la voce di Skiba, sempre arricchita dalla presenza delle armonie vocali di Andriano, racconta situazioni tese di sparatorie sullo sfondo, anche se, malgrado tutto, neanche una sparatoria è un “cattivo momento” per sentire un’amica al telefono. “Scars” è quasi un tango che poi prende il via con un ritornello che sta a metà fra i Cure e il Pop Punk. Gran lavoro del basso di Andriano sempre in sintonia con i battiti di cassa di Grant, e sempre fondamentale, anche come marchio di fabbrica, il gioco delle due voci. “Break” è velocissima, con suoni di campane, doppie voci e, come nota storica e filologica, contiene l’esclamazione ben nota ai fan, quella che usciva dalla bocca di Skiba prima che tutto avesse inizio, quando la sua sveglia suonava alle sei per dare inizio alla sua giornata di fattorino in bici: goddamnit.
“Shake With Me” ha ancora un ritmo spezzato e una strofa sempre in area che avrebbe potuto essere degli Smiths, se fossero state persone positive; mentre il ritornello ci riporta agli anni del Warped Tour. L’alternarsi delle voci soliste è aria di casa per chi ama il Trio. Il singolo “Blood, Hair And Eyeballs” con rullate di batteria e cantabile fino allo stremo, ci riporta ai primi anni 2000 anche per l’ambientazione del video, se non fosse che la faccia di Skiba somiglia di più alle polpette che vengono cotte sul barbecue che al viso squadrato e un po’ “retro” che ricordiamo dalle prime apparizioni di inizio millennio. Incuranti di questo, gli Alkaline confezionano un pezzo che non ha niente da invidiare ai loro primi anni, anche se le armonie pulite ricordano più i Blink versione 2015.
“Hinterlude” è una novità, il basso protagonista di un intermezzo che forse è una coda al pezzo precedente ma finisce con un brusco taglio per introdurre il pezzo forse meno alcalino di tutti, “Broken Down in A Time Machine”, dalla strofa sincopata e con un ritornello così lirico che è quasi sanremese. “Teenage Heart” inizia sospesa, ha un sound Neo-Pop Punk simile al citato lavoro fatto con i Blink in “California”, ma con tematiche molto tipiche degli Alkaline in questo richiamo all’età adolescenziale senza nostalgia ma con tutto il cinismo e il crudo realismo che descrive il senso di distruzione e autodistruzione dei teenager in America, ora come allora.
Una parola sulla copertina, pensata per la nuova era dello streaming e delle copertine thumbnail, con un’iconica e riconoscibile grafica molto scarna in cui campeggia la X che si riferisce al decimo album della band. “Blood, Hair And Eyeballs” è un album per la nicchia mainstream che attende ogni nuovo album di questa band come una puntata di una serie più che come un nuovo film, e non resterà delusa da questo lavoro che non denota l’età e le vicissitudini del marchio Alkaline Trio.
Articolo di Nicola Rovetta
Tracklist “Blood, Hair And Eyeballs”
- Hot for Preacher
- Meet Me
- Versions of You
- Bad Time
- Scars
- Break
- Shake with Me
- Blood, Hair, and Eyeballs
- Hinterlude
- Broken Down in a Time Machine
- Teenage Heart
Line up Alkaline Trio: Matt Skiba chitarra, voce / Dan Andriano basso, voce / Derek Grant batteria
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