È una bellissima giornata qui a Sultanhamet, il sole si riflette sulla cupola della Moschea Blu e i turisti sono in fila per entrare al Museo Archeologico. Prendiamo la Yeniçeriler Caddesi per salire verso il Gran Bazar, e un buon odore di talco ci raggiunge da un piccolo negozio di barberia, uno di quelli che dalle nostre parti sono spariti da decenni, con i calendari sexy alle pareti e il poggiatesta delle poltrone ricoperto di carta azzurra. Attraversiamo il mercato delle spezie e scendiamo giù verso Eminönü quasi storditi dall’odore di zafferano, curcuma, coriandolo e chissà che altro. Uno sguardo a sinistra verso la Moschea di Solimano e attraversiamo il ponte fino ad arrivare alla Torre di Galata, dove attraverso le finestre della torre mentre ci gustiamo un ottimo caffè, ci godiamo il tramonto su una delle città più belle del mondo.
Ovviamente non sono a Istanbul, purtroppo, anche se ci tornerò sicuramente come ho giurato in ognuna delle 23 volte in cui ci sono stato, ma sto ascoltando “Aşk”, il nuovo album dei formidabili Altın Gün (fuori il 31 marzo sulla strepitosa etichetta Glitterbeat di Chris Eckman), e sembra proprio di fare una passeggiata fra le strade e le bellezze di Istanbul e di sentire i rumori e gli odori. Gli Altın Gün sono residenti in Olanda e quattro membri su sei sono proprio originari dei Paesi Bassi, ma i due cantanti e autori di gran parte delle canzoni (Merve Daşdemir e Erdinç Ecevit Yıldız) sono turchi purosangue, e hanno portato il sound tipico del Rock anatolico a contaminarsi con il Rock di matrice europea, per un risultato ammaliante che all’inizio può sembrare straniante, ma che alla fine non può che conquistare.
E questo quinto album (Aşk significa amore) che giunge dopo “On”, “Gece”, “Yol” e “Âlem”, è totalmente registrato in analogico e interamente composto da brani appartenenti alla tradizione turca, rielaborati e resi con l’usuale vestito psych-rock vagamente anni ’70 che hanno caratterizzato la carriera della band fino dagli esordi. L’iniziale “Badi Sabah Olmadan”, grazie alla quale abbiamo capito che il traduttore di Google ancora non funziona alla perfezione, è una magnifica cavalcata lisergica dal ritmo forsennato costruita su riff di chitarra fuzzata perfetti e tastiere vintage che conquista fin dal primo ascolto; la successiva “Su Sızıyor”, con la bella voce femminile di Merve, è un altro trip psichedelico irresistibile, perfetta sintesi fra tradizione anatolica e Rock.
Anche “Leylim Ley”, non appena arriva il riff di bağlama a rompere gli schemi di quella che potrebbe sembrare una “semplice” canzone rock, entra di diritto fra le nostre preferite. Delizioso anche il Pop sghembo di “Çıt Çıt Çedene” con i suoi synths a scrivere melodie mai sentite, strepitosa “Rakıya Su Katamam” con le sue chitarre distorte e con i suoi continui cambi di tempo. In definitiva un disco esaltante e sorprendente, che sicuramente non assomiglia a niente di tutto ciò che abbiamo ascoltato finora e che merita, come i lavori precedenti, di essere consumato nel nostro lettore. Un disco che coniuga tradizione e sperimentazione, che guarda al passato proiettandoci nel futuro. Grazie, Altın Gün.
Articolo di Michele Faliani
Tracklist “Aşk”
- Badi Sabah Olmadan
- Su Sızıyor
- Leylim Ley
- Dere Geliyor
- Çıt Çıt Çedene
- Rakıya Su Katamam
- Canım Oy
- Kalk Gidelim
- Güzelliğin On Para Etmez
Line up Altın Gün: Merve Daşdemir vocals and keyboards / Erdinç Ecevit vocals, saz and keyboards / Thijs Elzinga guitar / Jasper Verhulst bass / Daniel Smienk drums / Chris Bruining percussion
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