Energia pura: questo è il primo pensiero che viene ascoltando “Scars To Remember”, il nono album del power trio danese Blindstone. Uscito l’11 agosto su Mighty Music, “Scars To Remember” colpisce per la decisione e l’essenzialità del suono. Un’anima blues rivestita di Rock che sembra volere attingere da 50 anni di musica per confezionare un lavoro davvero interessante. Formatosi nel 2002, il gruppo danese assume subito un respiro internazionale, o meglio, americano, valendosi della produzione della newyorkese Grooveyard Records, specializzata nella produzione di gruppi basati sul classico schema chitarra, basso, batteria.
La voce potente e precisa di Martin J. Andersen, con la sua chitarra che sprigiona riff taglienti e sempre incisivi, rifacendosi di certo ai classici come, sopra tutti, Steve Ray Vaughan, Frank Marino, i Led Zeppelin, unita a una sezione ritmica di tutto rispetto formata da Jesper Bunk al basso e Sigurd Jøhnk-Jensen alla batteria, formano un ariete sonoro che può infrangere ogni muro di diffidenza verso una band che suona un genere troppo spesso valutato come sorpassato, a meno che qualcuno come i BlindStone non riesca a dargli una nuova sferzata di energia. Energia che indubbiamente il power trio danese è riuscito ad acquisire dalla collaborazione con Walter Trout, tra i principali ispiratori di questo lavoro.
E allora bando alle ciance e mettiamoci all’ascolto.
L’apertura, “Embrace The Sky”, dà subito la carica, con un riff martellante che introduce la strofa, cantata con una voce leggermente distorta da un effetto megafono e apprezzabilissima per la precisione. L’inciso, con un’ottima armonia vocale, dà la sensazione di apertura sonora che porta alla frase, usata come ritornello, Someone help me embrace the sky, un vero inno alla voglia di libertà. L’assolo poi, che parte rabbioso per poi diventare tecnico, ci fa capire che con questi c’è poco da scherzare.
La seconda traccia, la Title track dell’album, “A Scar to Remember”, ha un sapore lievemente anni ’70, con una base di basso martellante e una chitarra tagliente che scende molto bene di dinamica quando entra la voce. Pezzo decisamente interessante e di gradevole ascolto. Struttura decisamente basata sul giro blues tradizionale quella del terzo brano, “Down for the Count”. Qui la voce assume un accento rabbioso che contribuisce in maniera incisiva alla riuscita del pezzo. Dal vivo una canzone così sarà dinamite pura. “Waste your Time” parte con un ritmo lievemente Texas Shuffle. Molto bello il dialogo chitarra-basso che introduce il solo, accompagnato da un drumming preciso ed essenziale. Il suono tradizionale del solo diventa poi sognante e psichedelico, complice un ottimo uso del chorus.
Il quinto brano, “Drums of War”, parte con un’introduzione di batteria che ci introduce a un’atmosfera cupa e drammatica. Sicuramente ispirato alla situazione internazionale attuale, mantiene per tutta la durata la sua tensione che ci evoca scenari che vorremmo tutti lontani dalla nostra realtà. “Drifting Away”, la sesta traccia, ci dà un po’ di respiro, quasi come se l’autore si sedesse sulla riva del mare, guardasse lontano e facesse portare la sua mente lontano, cullata dal vento. Il suono che fa da tappeto per tutto il brano dà proprio la sensazione delle onde che si stendono sulla riva.
Martellante al punto giusto è la descrizione adatta alla settima traccia, “In The Eye Of The Storm”. Personalmente mi ha dato proprio l’immagine di un viandante che lotta contro la tempesta. Il pezzo si sviluppa con una tradizionale struttura strofa – ritornello e si conclude con un solo eseguito con il Wah Wah, molto di hendrixiana memoria. “The Fields of Bethel”, ottavo brano tutto strumentale, parte con un solido dialogo tra chitarra e basso che fa da base a fraseggi di chitarra che si rincorrono per tutto il pezzo. Credo che qui si possa apprezzare al meglio la qualità della sezione ritmica formata da Jesper Bunk e Sigurd Jøhnk-Jensen, che consente a Martin J. Andersen di esprimere liberamente i suoi fraseggi di chitarra.
“Shining Through” è un altro bel pezzo hard rock, dalla struttura molto tradizionale e molto coinvolgente. A mio parere mio un ottimo brano da essere eseguito dal vivo per il suo ritmo non eccessivo ma bello tirato. Forse un po’ troppo secca la chiusura, che ti lascia quasi gelato, ma è questione di gusti. Il disco si conclude con “World Weary Blues”. Anche questo brano ha una struttura blues tradizionale, ma il suono della chitarra è decisamente hard. I Blindstone ci salutano con il loro marchio di fabbrica, la base ritmica d’acciaio, il riff di chitarra ripetuto che mantiene costantemente il tema, la voce graffiante al punto giusto e la chitarra solista che ti dà una carica incredibile.
Il power trio danese ci regala quarantacinque minuti di energia, senza esagerare ma con la solidità di un autotreno che viaggia lungo le strade del Nord Europa. Lavoro sicuramente apprezzabile di una band che dopo venti anni di carriera non perde il suo smalto.
Articolo di Flavio Giuseppe Businelli
TrackList “Scars To Remember”
- Embrace The Sky
- A Scar To Remember
- Down For The Count
- Waste Your Time
- Drums Of War
- Drifting Away
- In The Eye Of The Storm
- The Fields Of Bethel
- Shining On Through
- World Weary Blues
Line up Blindstone: Martin Jepsen Andersen Chitarra, voce / Jesper Bunk basso / Sigurd Jøhnk-Jensen batteria
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