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Bruce Springsteen

Bruce Springsteen “Letter to You”

“Letter to You” mette a nudo Springsteen in un modo che non avveniva da tempo, è tornato il momento in cui le canzoni hanno di nuovo senso

Io farei tornare di moda le lettere scritte a mano e tutto l’amore che c’è dentro la scrittura…

È uscito venerdì 23 ottobre “Letter to You”, ventesimo album in studio di Bruce Springsteen realizzato insieme alla E Street Band, prodotto da Ron Aniello; un album che ha visto la luce in soli cinque giorni realizzato con registrazioni dal vivo nello studio personale di Springsteen a Cold Neck, in New Jersey.

Nello stesso giorno di uscita del disco, è stato reso disponibile in esclusiva su Apple Tv+ il film-documentario “Bruce Springsteen’s Letter to You” (produzione originale Apple Original Films), con il backstage del processo creativo che ha portato alla realizzazione dell’album. Scritto da Springsteen e diretto assieme al suo collaboratore di lunga data Thom Zimny – con il quale ha co-diretto “Western Stars”, la versione cinematografica dell’album omonimo – il film è un tributo alla E Street Band, alla musica rock e al ruolo che quest’ultima ha avuto nella vita dell’artista.

“Letter to You” arriva un anno e quattro mesi dopo “Western Stars”, ultimo lavoro solista del Boss, e segna il ritorno della collaborazione con la E Street Band dopo la pubblicazione di “Working on a Dream” nel 2009 e il tour di “The River” del 2016.

Springsteen dichiara: Amo l’essenza quasi commovente di “Letter to You”, e amo il sound della E Street Band che suona completamente live in studio, in un modo che non avevamo quasi mai fatto prima, senza nessuna sovraincisione. Abbiamo realizzato l’album in soli cinque giorni, e quella che ne è venuta fuori è una delle più belle esperienze di registrazione che io abbia mai vissuto.

Circondato dai suoi collaboratori di sempre, quali Roy Bittan, Nils Lofgren, Patti Scialfa, Garry Tallent, Stevie Van Zandt, Max Weinberg, Charlie Giordano e Jake Clemons, uniti da un sodalizio e un’amicizia di una vita, tornano assieme spinti dal richiamo musicale per realizzare i nove brani di cui si compone il disco, scritti recentemente da Springsteen, oltre a tre leggendarie composizioni degli anni Settanta rimasti finora inedite, come “Janey Needs a Shooter,” “If I Was the Priest,” e “Song for Orphans”. Il risultato? Un disco rock, caratterizzato dall’inconfondibile sound della The E Street Band.

Bruce e la musica. Bruce è la musica. Con alle spalle una carriera lunga quarant’anni, iniziata nel 1973 con “Greetings from Asbury Park, NJ”, Springsteen è testimone e tedoforo di una profonda e importante rivoluzione culturale. Il suo cammino inizia presto, nel momento in cui incontra e si scontra con Elvis o prima ancora con Chuck Berry – spesso omaggiato durante i suoi show – e, a differenza di quello che cantava The Father of Rock’n’Roll, If life goes to show you never can tell, di cose da raccontare ce ne sono tante.

La chitarra e la musica, appunto, gli unici due strumenti in suo possesso in grado di potergli dare qualche possibilità, là fuori, lontano dalla periferia del New Jersey che lo aveva visto crescere in una situazione di forte difficoltà derivata dalla complicata situazione familiare. Le prime canzoni, i primi live. Una band che lentamente andava formandosi, a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, una radice intrapresa, quella folk, che non porta i risultati sperati. Nell’aria c’era voglia di Rock, e nell’animo di Springsteen pure, era solo necessario incontrare le persone giuste e inseguire i propri sogni. Le notti a dormire in sala di registrazione, una recensione del 1974, quella di Jon Landau, critico, musicale di Rolling Stone, e l’uscita di lì a poco di “Born to Run”, cambieranno ogni cosa.

Ecco, ci siamo. Il sogno è stato raggiunto e adesso va raccontato. Ognuno deve sapere che alla fatica può corrispondere la gloria. I testi del Boss sono sempre stati caratterizzati da racconti di vita americana operaia, vite vissute al margine, con la voglia di dedicarsi a vivere gli amori, in modo ardente e passionale. Di realizzazioni ma anche di cadute. Un cammino che attraversa decenni. Successi commerciali e live storici contribuiscono a rendere leggenda la figura del Boss, il quale rimane sempre fedele alla sua linea e al suo sound. Graffiante e toccante quando serve, con Bruce riusciamo sempre a scorgere un perfetto bilanciamento di elementi. Mai niente è fuori posto: con la E Street Band, nelle versioni acustiche soliste, allo stadio o a teatro.

Ed è proprio dentro a un teatro che, in qualche modo, è avvenuta una svolta. Una lunga serie di concerti tenuti nel biennio 2017-18, hanno influenzato l’animo del rocker. Si è passati dal divorare i palchi ad accogliere e presentare le proprie canzoni in modo più intimo e confidenziale. Non ci sono timori a mostrare i propri cambiamenti arrivati nel corso degli anni. La pelle degli stivali si fa sempre più vissuta, che quasi sembra di sentirne il rumore mentre camminano sopra le assi di legno del palcoscenico. Ambiente rustico e, a proposito di legno, lascio che il whiskey barricato faccia la sua parte. Procediamo con l’ascolto.

La sensazione che ci avvolge fin da subito è quella di proseguire da dove avevamo interrotto un anno fa con “Western Stars”. Il ritmo scandito dal metronomo del Boss è tornato, un procedere preciso come un treno apre a “One Minute You’re Here” but next minute you’re gone; le corde pizzicate, voce calda, profonda e segnata. Ci siamo. Siamo dentro alla lettera e facciamo parte di essa, è iniziata la lettura. Il filo con il precedente album si interrompe bruscamente: arriva “Letter to You”, primo singolo estratto lo scorso 10 settembre. Perfetta, potente. Niente di più potremmo chiedere e nient’altro avremmo potuto aspettarci. L’attesa del ritorno è la stessa che hai nei confronti del ritorno di un partente o di un caro amico lontano, lo aspetti per il puro piacere di riaverlo con te, non perché ti aspetti di trovarlo diverso, cambiato, migliore. “Letter to You” mette a nudo Springsteen in un modo che non avveniva da tempo.

Una lettera, forse un intero album, nel quale ci si apre e ci si confida, si prende atto del tempo che è passato. I took all the sunshine and rain, all my happiness and all my pain, the dark evening stars and the morning sky of blue, and I sent it in my letter to you… “Burnin’ Train” rappresenta senza ogni dubbio una delle tracce più interessanti e divertenti dell’album. Si corre e si balla, cazzo se ci si diverte. Il Boss e la E Street Band sono in splendida forma, andrebbero presi e messi sotto formalina o ibernati, decidete voi, in modo da conservarne questa grazia. Per sempre. Il treno che scorre è veramente in fiamme, tutta la band si muove in modo perfetto, ma il viaggio è indietro nel tempo.

Si torna negli anni Settanta, la sensazione l’avevamo avuta fin dall’inizio, “Janey Needs a Shooter”, Janey come Mary, Rosalita, Sherry, trova il suo posto nei suoi nei racconti. “Last Man Standing” e l’analisi su di sé. Una storia di un uomo giovane, forte e fiero. Testo fortemente a carattere autobiografico, parla dello Springsteen che tutti noi abbiamo conosciuto e amato, adorato. Snakeskin vest and a sharkskin suit, cuban heels on your boots, kick in the band and side by side, you take the crowd on their mystery ride. Una suonata al piano introduce “The Power of Prayer”. Tornano gli amori dei giovani tanto amati dal Boss. Il potere della preghiera e della voce di Ben E. King per non far finire un amore, un amore che supera le barriere e i giudizi.

“House of a Thousand Guitars” introdotta ancora al piano si rivolge a tutti coloro vogliono e hanno la voglia di ritrovarsi. Torna quell’animo di quegli anni lontani, quando ci si credeva, quando si raccontava di sogni che si realizzavano, dedicata a tutti coloro che sentono il bisogno di tornare a vivere. “Rainmaker” inizia in molto molto country, un canto rivolto all’ingenuità e al bisogno intrinseco delle persone di credere a qualcosa a tutti i costi, che sia vero oppure no, reale o inventato. “If I Was the Priest”, rallentiamo. Ci catapultiamo in un villaggio western.  Raggiungere i propri amori e le proprie vette di successo e soddisfazione nonostante il villaggio sia affollato di personaggi falsi e ambigui, ladri e sottomissioni.

Dopo il singolo del 10 settembre, si replica il 24 dello stesso mese. Ci pensa “Ghost” a renderci più impaziente l’attesa di questo “Letter to You”. Una traccia che suona quasi come il capitolo conclusivo di una lunga e interminabile serie. Count the band in then kick into overdrive, by the end of the set we leave no one alive il motto della Band, da sempre. Un colpo di sassofono e quasi mi sembra di sentire Clarence. Alzo il volume, lascio che gli spiriti siano la mia guida. Ci vediamo dall’altra parte fratelli e sorelle. Lo alzo anch’io. Volo verso “Song for Orphans” un brano che ripercorre la storia, passando da Big Mama all’Arizona e, mentre l’armonica suona, ci avviciniamo alla fine, una fine che ha tutto il sapore di esserlo. “I’ll See You in my Dreams” è il capitolo finale di questa toccante e divertente lettera. Abbiamo attraversato l’America e noi stessi, e il saluto finale va a chi non c’è più.

Con “Letter to You” è tornato il momento in cui le canzoni hanno di nuovo senso. Quelle canzoni che ti attraversano l’anima e ti accompagnano nel cammino di una vita evolvendo e crescendo insieme a te. Rimangono lì, pronte per esser riscoperte e riascoltate nei momenti in cui riesci a definirle meglio o a dargli il giusto significato. Su Bruce Springsteen, ogni altra definizione o commento risulterebbe troppo superfluo, in fondo I’m the President, he’s The Boss.

Articolo di Andrea Scarfì

“Letter to You” track list

  1. One Minute You’re Here
  2. Letter To You
  3. Burnin’ Train
  4. Janey Needs A Shooter
  5. Last Man Standing
  6. The Power Of Prayer
  7. House Of A Thousand Guitars
  8. Rainmaker
  9. If I Was The Priest
  10. Ghosts
  11. Song For Orphans
  12. I’ll See You In My Dreams

Bruce Springsteen & The E Street Band

Bruce Springsteen – Voce, chitarra
Roy Bittan – Tastiere, pianoforte
Nils Lofgren – Chitarra
Patti Scialfa – Cori, chitarra
Garry Tallent – Basso
Stevie Van Zandt – Chitarra
Max Weinberg – Batteria
Charlie Giordano – Organo
Jake Clemons – Sassofono

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