Il 14 aprile 2023 è uscito, per 42 Records, “Motel Chronicles”, il terzo capitolo della trilogia composta da Emidio Clementi (bassista dei Massimo Volume) e Corrado Nuccini (fondatore, chitarra e voce dei Giardini di Mirò). Gli altri due volumi, di questo articolato lavoro, sono “Notturno Americano”(2015), album ispirato ispirato ai testi di Emanuel Carnevali, e “Quattro Quartetti”(2017) reading incentrato sull’omonimo poema di T.S. Eliot. Questo nuovo lavoro invece, uscito dopo sei anni dall’ultimo album, è ispirato al romanzo “Motel Chronicles” di Sam Shepard.
Un progetto decisamente bello. Dieci istantanee di un’America spietata e crepuscolare, in una nuova traduzione inedita a opera dello stesso Emidio Clementi, impreziosite dalla partecipazione di tanti amici: Francesca Bono alla voce; Emanuele Reverberi alla tromba e al violino; Stefano Pilia al basso e alla chitarra elettrica; Fabio Rondanini alla batteria; Laura Agnusdei al sax; Francesca Baccolini al contrabbasso, Jonathan Clancy alla voce e ai cori, Zois ai cori e la sezione d’archi Concordanze (Pietro David Caramia ed Elena Maury, Alessandro Savio, Mattia Cipolli, Elisa Bognetti, Alberto Condina), fino alla produzione di Giacomo Fiorenza.
Il risultato è un album insolito, per ciò che stiamo ascoltando di recente, e allo stesso tempo in linea con questa trilogia con la quale i due artisti emiliani hanno deciso di raccontare un’America lontana non solo geograficamente, ma anche dagli standard narrativi ai quali siamo abituati. L’immagine di copertina, infatti, è un’ottima sintesi che mette insieme Hopper e Blade Runner, con tinte forti alla “Tony & Susan” di Austin Wright. Un viaggio, insomma, in un Paese dove si possono incontrare enormi dinosauri di gesso in una prateria deserta; moquette di velluto che puzzano di disinfettante; uccelli morti schiantati sull’asfalto. Allo stesso ci accompagna la voce di Nina Simone che mirava alla gola di un pubblico bianco. Oppure troviamo i solchi fangosi lasciati dalle ruote di un trattore; come una ragazzina che rincorre un pezzo di cellophane in uno spiazzo deserto. Spaccati di vita quotidiana dove l’incontro, la relazione come pesantezza esistenziale e il vuoto pneumatico di certi ambienti parlando di un mondo lontano da noi, ma anche molto vicino.
Se l’America è vasta, l’Italia è piccola, ma ha una vasta provincia. Qui, per fare degli esempi, si va dall’Emilia Paranoica al Ricco Nord-Est, passando dunque dalla ricchezza di paesi aperti solo d’estate fino alle cattedrali nel deserto di caselli autostradali in legno e vetro. Una ricchezza, insomma, che non arricchisce, ma che ostenta, se non porta al valore opposto, e cioè alla povertà esistenziale. Un lavoro che richiama anche le storie raccontate da Omar di Monopoli, che ha saputo vedere e raccontare la povertà della quotidianità di un meridione d’Italia sempre più uguale al Far West.
L’album, dunque, si muove su questo filo, su questo doppio binario delle esistenze che compongono vite e ambienti non scontati, imbellettati e impomatati. Ciò che è contraddizione, insomma, è anche ciò che ci accomuna con il mondo che si trova oltre l’oceano Atlantico. Il tutto sorretto da un apparato musicale capace di creare la giusta atmosfera per immaginare e vivere, con la mente, una terra straniera. I brani musicali ricalcano la struttura breve e fulminante dei testi e li fanno assomigliare a una raccolta di canzoni, dove l’elemento americano si fonde con i riferimenti alla musica europea, dal sound di Bristol anni ’90 a Jamie xx, dalla spoken music alla suite orchestrale con archi e fiati. Nel mezzo citazioni tex mex, utilizzo di voci, sampling, field recording e sintetizzatori analogici, dal Roland Juno-60 ai Moog Grandmother, Mother 32, DFAM e Little Patty, fino al Microkorg.
Tutto vero, e vale la pena aggiungervi solo un pizzico di sale. Un album per la notte, da ascoltare in solitario. Magari viaggiando, muovendosi in autostrada, il non-luogo per eccellenza. Il tutto vedendo scorrere auto, storie, esistenze. Senza giudicare. Perché album è un lavoro che scava come una goccia, e ci chiama. Di continuo. Un disco, dunque, figlio della notte, e dei suoi pensieri.
Articolo di Luca Cremonesi
Tracklist “Motel Chronicles”
1.A Rapid City
2.Ricordo di aver cercato di imitare il sorriso di Burt Lancaster
3.Sistemava la gabbia dei canarini
4.Si era perso col camion in un posto chiamato Plains
5.Mexico City Organ
6.Ho trovato un uccello morto in mezzo a un parcheggio
7.Portavo il ghiaccio a Nina Simone
8.È una notte di delitti efferati
9.Uomini che si pettinano in macchina
10.Se ne sta immobile accanto alla valigia sfasciata
11.Petaluma, CA
12.Ero sprofondato in mezzo a cento ettari di pascolo
Sito internet www.42records.it