Il 26 giugno 2020 è uscito “Mi ero perso il cuore”, il primo disco solista di Cristiano Godano, leader e fondatore dei Marlene Kuntz, cantante, chitarrista, compositore, scrittore, attore, insegnante. Da uno che suona da trent’anni in una band come i Marlene Kuntz, cosa potevo aspettarmi per il suo esordio solista? Questa domanda ha trovato spazio nella mia testa decine di volte, prima che le mie orecchie avide avessero a disposizione “Mi ero perso il cuore” (Ala Bianca/Warner), ma finalmente ho avuto la mia risposta.
Il progetto era già da un po’ nell’aria, lo stesso Cristiano ha detto più volte che molti pezzi hanno già anche due/tre anni di vita segreta. L’idea di farlo uscire così, a ridosso di luglio, senza che vi sia un pezzo che somigli minimamente a un tormentone estivo, dopo il periodo di isolamento da Covid-19, per me profuma di un’incoscienza che rasenta la follia, visto che non ci sarà un tour imminente vero e proprio a supportarlo. Eppure…
Cristiano ha una sensibilità artistica enorme, un’intelligenza molto acuta e ha fatto svariate considerazioni in questi anni sull’andamento dei mercati musicali, osservando come ormai gli introiti legati alle vendite fisiche dei dischi si siano praticamente azzerate, quelli legati alle piattaforme digitali sono decenti solo a patto che tu sia mainstream, e che i clic siano milioni. La maggior fonte d’introito restano i live, che guarda caso nel 2020 sono stati completamente annientati dal Covid-19.
Gli artisti devono quindi reinventarsi anche su altri piani, sui social, su live show sempre più originali e acquisire visibilità e follower, per essere supportati e continuare a fare il loro mestiere, cosa che per moltissimi alle nostre latitudini, ancora sembra solo un divertente passatempo. Il nostro, considerato da molti – mi permetto di dire superficiali – un personaggio schivo, snob, un dandy radical-chic forse, dopo trent’anni di onorata carriera si ritrova immerso in questo panorama.
C’è chi si sarebbe arreso, chi si sarebbe svenduto, chi si sarebbe perso, chi si sarebbe mollemente appoggiato sui cuscini comodi delle leggi di mercato e avrebbe detto: “chi me lo fa fare?”. Una volta capito questo, si può iniziare a parlare davvero del suo disco.
Godano ha preso tutte le sue ispirazioni più intime e le ha riversate in testi e musica letteralmente fregandosene di tutto quello che stava accadendo sul pianeta Terra. È impazzito? Perché è avventato? Perché deve andare contro corrente per forza? Io non credo a nessuna di queste ipotesi, ma penso che la sua grandissima onestà intellettuale e artistica, la verità e la trasparenza che ha sempre dimostrato di possedere, lo abbiano ancora una volta preso per mano, accompagnandolo a sfornare un disco coraggioso e fuori da qualsiasi cliché in circolazione, specialmente in Italia.
“Mi ero perso il cuore” suona come suona un disco di Nick Cave, di Bob Dylan, di un qualche eco di Mark Knopfler in certi deliziosi arrangiamenti dal sapore irish, profuma di campi della Lousiana, in certi azzeccatissimi cori presenti in diversi pezzi, ma suona in un modo che in Italia non esiste, o non esiste da tanti, tanti anni almeno.
È un disco che non sa di Marlene, ma sa di lui, altra cosa per cui ero davvero curioso di ascoltarlo, e non fa una piega nemmeno in questo. Non avrebbe avuto alcun senso fare un disco alla Marlene, senza i Marlene, come lui stesso ha precisato nell’intervista per presentare questo lavoro.
Qui dentro c’è un uomo, padre, artista, tutto insieme e in ogni brano, in una modalità che non si era mai scorta prima di adesso, così intima, delicata, quasi del tutto priva dell’acidità e della rabbia intrisa che graffia da sempre i lavori della band di Cuneo, praticamente in assenza di chitarre elettriche. È bellissimo scoprirlo così a fondo e così a nudo in testi anche meno criptici, quasi volesse farsi proprio scoprire davvero, anche da quelli che, ma sono ancora in tempo, non lo conoscevano così bene.
Questo lavoro si ascolta con calma, si ascolta con uno stato d’animo positivo e ben disposto verso gli uomini, la natura (altro argomento tanto caro a Godano), apprezzandone la dolcezza e la delicatezza degli arrangiamenti curati insieme all’amico Gianni Maroccolo al basso e ai due membri degli Ustmamò Simone Filippi e Luca Rossi, con cui Godano ha condiviso buona parte della scena musicale degli anni Novanta.
È un disco elegante, raffinato, a tratti prodigioso se pensiamo, ancora una volta, alle circostanze storiche e culturali in cui si è manifestato al pubblico. E forse Godano era l’unico che poteva sfoderare un lavoro simile, in Italia.
Articolo di Alessio Pagnini
Tracklist “Mi ero perso il cuore”
- La mia vincita
- Sei sempre qui con me
- Ti voglio dire
- Com’è possibile
- Lamento del depresso
- Ciò che sarò io
- Ho bisogno di te
- Dietro le parole
- Padre e figlio
- Figlio e padre
- Panico
- Nella natura
- Ma il cuore batte
Bonus Track
14. Per sempre mi avrai (Presente solo nell’edizione in vinile)