La prima pubblicazione della Tanca Records, casa discografica di IOSONOUNCANE, è stata “I”, di Vieri Cervelli Montel (nostre recensione e intervista), e ora, a questi un anno di distanza, una nuova boccata d’aria fresca con questa seconda nuova uscita, e cioè “Spira” di Daniela Pes, disponibile dal 14 aprile 2023, in 300 copie in vinile (poi lo si ascolterà solo sulle piattaforme).
“Ira” (la nostra recensione) di IOSONOUNCANE non poteva che fare scuola. Era ovvio. Si tratta d’altronde di un album generativo. E così è stato, e speriamo che lo sia ancora per lungo tempo. Il necessario, quanto meno, per spazzare via un certo mainstream (utopia, pura utopia, lo so bene), o per rinnovare un poco quell’indie ormai completamente fuori moda. Non perché la parola non conti più nulla nella musica contemporanea, o perché la musica non debba più lanciare messaggi, prendere posizione oppure, meglio ancora, difendere le posizioni conquistate. L’epoca contemporanea, infatti, consente, grazie anche alle nuove tecnologie, di produrre molte sonorità. E di queste non bisogna aver paura. Certo, sono minoritarie, ma proprio per questo sono differenziali, e cioè capaci di produrre la differenza. Allo stesso tempo – pur se tutti sappiamo che Demetrio Stratos c’è stato, come d’altronde la lezione di Carmelo Bene è stata lasciata in eredità ai posteri (chissà a chi però…) – decidere di puntare sulla voce non solo come canto, ma come strumento è, nell’aridità dei nostri tempi, ciò che andrà a caratterizzare (speriamo) questa nuova musica italiana.
Brevemente, il suono dark e new wave segnò gli anni ’80; l’artigianalità colta e il Rock ruvido dei C.S.I caratterizzò gli anni ’90; le Posse e la rivolta la prima ondata Rap/Hip Hop e Combat Folk fra ’90 e ’00; il ritorno della parola significativa (pur se minoritaria) attecchì un poco nei primi anni 2000; poi ci fu, per grazia ricevuta, La Tempesta e il suo catalogo… fino al presente. E sappiamo come è andata a finire, con l’arrivo di rap, trap, hip-hop, e chi più ne ha, più ne metta (il tutto senza legame con il passato, e cioè senza guardare alla stagione delle Posse, ma oltre… e chissà dove, appunto). Ora, nei nostri tempi, ci prova IOSONOUNCANE con il progetto, del tutto carsico e minoritario, di Tanca Records.
Però serve essere onesti. Non è un album immediato. Non è musica con la quale si entri subito in sintonia. Serve tempo. Pazienza. La virtù dei Jedi, insomma. Proseguendo, poi, sul parallelismo con la nota saga di fantascienza, serve ricordare che rabbia, paura, violenza: sono loro il Lato Oscuro! Tradotto, se si ascoltano queste sette tracce di “Spira” con (molta) fretta, queste vi creeranno un certo nervoso. Perché la voce non canta e, soprattutto, non è significante. Esattamente come non lo era in “Ira”. Dunque, non aspettatevi di ascoltare un disco da cantare sotto la doccia.
La paura, invece, viene dal fatto che questa musica sembra creare inquietudine. Già, nel mondo delle sette note non c’è solo il Reggaeton estivo. Allo stesso tempo, nell’universo della musica non c’è solo gioia e felicità. Le sfumature sono tante. Quindi, non serve avere paura, ma voglia di ascoltare, ascoltare, ascoltare… La violenza? Beh, quella lasciamola alla via del Lato Oscuro, e alla guerra fra Sith e Jedi. Qui, in questo album, non c’è alcuna violenza.
È un lavoro che deve entrare nel sangue, con la lentezza tipica di una flebo. Ci si deve nutrire con molta calma di questi che, giustamente, sono stati definiti suoni figli di una musica visionaria che interpreta la drammaturgia sonora come utopia. Ma anche elegante e oscura elettronica dai beat a tratti galoppanti e ambient dal respiro cosmico; sette tracce avvolte dal canto di un’artista dal talento multiforme, votata alla destrutturazione della forma canzone e alla decostruzione della lingua per creare un mondo sonoro esoterico in cui l’arcaico, il contemporaneo e il futuribile si avviluppano l’un l’altro come nella danza gravitazionale di due galassie in procinto di fondersi. Tutto vero e corretto. Quello che vi troverete ad ascoltare è questo. Ma non solo.
Facciamo un salto in dietro. Vediamo chi è l’autrice, dato che, come fu per Vieri Cervelli, si tratta della scoperta di IOSONOUNCANE. Daniela Pes è nata nel cuore della Gallura nel 1992. La sua voce e la sua musica sfuggono alle classificazioni, e ai contenitori predeterminati. L’artista è immersa nel flusso della sua arte, come cantante, come strumentista e come musicista elettronica. Il suo, dunque, è un talento multiforme. Il primo album, “Spira” appunto, esce con la produzione artistica di IOSONOUNCANE. Un lavoro che l’ha vista impegnata negli ultimi tre anni, e che traccerà la sintesi delle molte vite musicali. A questo vinile, Pes arriva infatti con un curriculum di tutto rispetto che include una laurea in canto jazz al Conservatorio di Sassari, e una borsa di studio ai Seminari Estivi di “Nuoro Jazz” diretti da Paolo Fresu. Tutto questo la porta ad esibirsi a Time in Jazz e all’Harp Festival di Rio de Janeiro. Completano il quadro il prestigioso riconoscimento Andrea Parodi nel 2017 (dove vince il premio della critica, giuria internazionale, miglior musica e miglior arrangiamento), e il premio miglior musica e Nuovoimaie a Musicultura nel 2018.
L’album “Spira”, dunque, si inserisce in una bella tradizione che va – oso, e lo so bene – dai Madredeus, come tipo di sonorità (penso alla splendida colonna sonora del film di Wim Wenders “Lisbon story”), fino ai migliori Massive Attack. Allo stesso tempo, in mezzo, ci sento molto anche lavori minoritari come quelli di Cesare Basile, e il fondamentale, per chi voglia far musica di ricerca oggi – ma un giorno qualcuno, con cognizione, dirà quanto questo lavoro sta germinando, insieme ad “Ira”, nel mondo musicale – “Nulla è Andato Perso” (con i quattro Alone, che sono venuti dopo) di Gianni Maroccolo.
Il singolo “Carme” ha la classica struttura jazz, con tanto di ripetizione alla Ligeti di “Eyes Wide Shut”. “Ca Mira” apre le danze dell’album, e fa capire subito che siamo in un mondo sonoro complesso, e cioè ricco di pieghe. L’ascolto non sarà lineare, ma serve tempo, ve l’ho già detto. Questi suoni devono aver spazio/tempo di decantare. Devono poi germogliare, mettere buoni frutti mentre si ascolta questa musica e, alla fine, questi suoni devono diventare significanti. Il canto, già da questo primo brano, è ben evidente che non sarà chiaro, lineare e cristallino. Lingua italiana e dialetto diventano musicalità, strumento grazie alla voce. Questo è fra i pregi di questo lavoro, ed è su questo punto il rimando al miglior Cesare Basile (quello di “Cummedia” per intenderci).
Altro brano che merita molta attenzione è “Illa sera”, senza dubbio uno dei pezzi migliori, un singolo non singolo che, però, avrebbe segnato subito uno spartiacque. Se si fosse osato… Tuttavia, capisco… C’è sempre il grande tema del dover campare dato l’asserto, ormai classico, che con l’arte non si mangia. In questo Paese, ovviamente. “Illa sera” è il brano dove dialetto e italiano si mescolano e si fondono, insieme, come la farina con l’acqua, per poi dare vita a un impasto omogeneo. Succede anche negli altri brani, ma qui davvero è sintesi perfetta. Qui doveva puntare Pes, e battere il ferro. Tuttavia, capisco che serve dosare le forze. Quanto meno al debutto.
La seconda parte del lavoro, da “Ora” fino ad “A te sola”, diventa maggiormente orecchiabile. Non di facile accesso e consumo, ma già di più facile ascolto. “Ora”, però, merita un piccolo approfondimento. Un brano così, sul modello di “Al Colosseo – Il Rosario de La Carne” e, soprattutto, “S.S. dei Naufragati”, entrambi presenti in quel capolavoro che va sotto il titolo di “Ovunque proteggi” di Vinicio Capossela, era comunque da tempo che non saltava fuori in vari lavori italiani. Nel Dna di questa canzone, poi, c’è anche la sperimentazione che Claudio Rocchi e Gianni Maroccolo hanno messo in campo con “Vdb23/Nulla è andato perso”. Un recitato, in questa lingua magica, quasi sciamanica, ricca di sonorità e suggestioni dialettali o, come si legge nella presentazione (in ottima sintesi), antiche parole galluresi, frammenti di termini italiani, vocaboli totalmente inventati, versi svincolati dalla metrica che contengono parole di puro suono. Personalmente, io vi consiglio di partire da qui, nell’ascolto. Perché da qui si entra davvero nella grotta, nell’antro, e si parte per questo viaggio musicale. Tuttavia, ovviamente, Pes ha scelto altre porte per farci accedere al suo mondo. Vedete voi quale utilizzare (la prima traccia, o questa “Ora”). Quello che però dovete sapere è che qui, davvero, vi aspetta un bel viaggio musicale. Ricco e arricchente. Allo stesso tempo faticoso, ma appagante.
Investite su questa artista. Se volete con un vinile in edizione limitata. Oppure con l’ascolto liquido per eccellenza. L’ultimo consiglio: il volume. Alto. Brillante. Non da sottofondo.
Articolo di Luca Cremonesi
Tracklist di “Spira”
1. Ca Mira
2. Illa sera
3. Carme
4. Ora
5. Laira
6. Arca
7. A te sola
Line up: Daniela Pes voci, armonie vocali, campionamenti vocali / Iosonouncane sintetizzatori, elettronica, sampling, drum machines / Luca Vargiu, Mariagiulia Degli Amori
Daniela Pes Online:
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