Fantastic Negrito, pseudonimo di Xavier Amin Dphrepaulezz, sforna un nuovo album destinato a lasciare il segno. “The Last Days of Oakland”, “Please Don’t Be Dead” e “Have You Lost Your Mind Yet” lo hanno visto portare a casa tre Grammy Award come miglior album blues contemporaneo nel 2016, nel 2019 e nel 2021. Il 3 giugno 2022 è uscito su Storefront Records “White Jesus Black Problems”. Se “Please Don’t Be Dead” aveva stupito per innovazione e sonorità, questo nuovo lavoro conferma quanto fatto nel 2018 e rilancia perché si tratta di un album che, dai Beatles a Kamasi Washington, fonde insieme molte esperienze musicali senza creare brutte copie.
La storia che emerge da “White Jesus Black Problems” non è tanto quella di Negrito ma dell’intera America. Guardando indietro, sono rimasto colpito dal numero di parallelismi tra il loro tempo e il nostro. Ovviamente non possiamo mai sapere davvero cosa si prova ad essere proprietà di qualcun altro, ma ci sono cose a cui possiamo relazionarci tutti: il consolidamento della ricchezza e del potere nelle mani di pochi, il trattamento disumanizzante di chiunque abbia un aspetto diverso o provenga da qualche altra parte, la lotta dei poveri uno contro l’altro. Eppure, allora come oggi, tra tutto questo caos e difficoltà, puoi trovare persone coraggiose che fanno cose coraggiose spiega nella presentazione del suo lavoro Negrito.
Blues, Funky, Gospel e Black Music, senza dimenticare elettronica, Pop e Hip-Hop. Oltre ai grandi temi del viaggio, delle ingiustizie e della libertà. Nel nuovo disco tutto rientra e tutto viene sapientemente mixato per creare il nuovo. Insomma, si fondono cannoni per creare non campane, ma fucili con i quali cambiare strategia d’attacco. Ogni traccia è un mondo sonoro. Ogni brano è un genere che viene omaggiato. Un lavoro davvero curato e certosino, con alchimie figlie di un saggio stregone navigato.
Musica, certo, ma anche esperienza di vita, impegno sociale e stile d’esistenza. Quando si produce un lavoro con questi presupposti si ha coraggio e spalle larghe. La musica si è macinata, e non solo quella. Per la prima volta Negrito ha registrato il cuore di ogni traccia in studio con il batterista James Small, per poi aggiungere gli altri strumenti e collaboratori, tra cui il bassista Cornelius Mims, il chitarrista Masa Kohama, il tastierista Lionel LJ Holoman e la violoncellista Mia Pixley.
I vertici di questo lavoro sono “Oh Betty”, “They Go Low” e “Highest Bidde”r. Tuttavia la scelta non è affatto facile. In queste tre canzoni però c’è tutta l’essenza di questa operazione di viaggio nella tradizione americana. Non mancano anche accenti soul, soprattutto in “They Go Low”, e il blues è la matrice dominante. Sarà interessante scoprire come saranno rese dal vivo.
Senza dubbio, infatti, “White Jesus Black Problems” è un lavoro che rende il massimo in studio. L’ascolto, a volume brillante (mi raccomando), fa capire la ricchezza di esperienze che sono convogliate in ogni traccia. Certo, la strumentazione digitale può ovviare, ma la qualità sonora potrebbe risentirne. È il caso di “Trudoo”, brano che spazia dal Country all’elettronica, con innesti funky. Stessa situazione per “Man With No Name”, Blues classico che viene arrangiato con sonorità pop e hip-hop.
Un album nato da vasto materiale scritto e prodotto, circa 50 canzoni, che sono state condensate in 13 perle che danno forma a questo nuovo lavoro che si potrà ascoltare dal vivo in quattro date dal 20 luglio a Fiesole (Estate Fiesolana, Teatro Romano), passando per il 21 luglio a Gardone Riviera (Tener-a-mente Festival, Anfiteatro del Vittoriale), poi il 22 luglio a Pordenone Blues (Festival, Parco di San Valentino) e, infine, il 24 luglio a Genova (Balena Festival, Porto Antico).
C’è da dire che lavori come questo sono un’ideale compagnia per un ascolto attento e solitario. C’è molto da scoprire, in ogni traccia. Il gioco, però, non deve essere quello dei rimandi, e neppure della ricerca della citazione. Qui c’è da parte di Negrito la consapevolezza di essere parte di un mondo complesso perché complicato, e cioè ricco di pieghe. Ed ecco che se oggi la musica è settoriale, così da essere venduta al meglio sui dispositivi digitali, un’operazione come quella di amalgama e di frequentazioni varie, serve a Negrito per spiazzare i generi e portare l’ascoltatore verso sentire inesplorati. Dei tre lavori precedenti quello che più si avvicina a questo nuovo album è senza dubbio “Please Don’t Be Dead”, dove la ricerca sonora era volutamente molteplice, ma per certi versi tradizionale.
Con “White Jesus Black Problems” Negrito, invece, ricorda a tutti noi che se il Messia è bianco, i problemi li creano – fortunatamente – i neri. E la musica nera, anima di questo lavoro, è ciò che contamina il candore, l’ordine e la perfezione che si vuole e pretende da un Messia. E così, piccolo consiglio, partire, al secondo ascolto, dalla breve “Mayor of Wasteland” e rifate il viaggio a ritroso. Perché quei suoni elettronici non solo vi faranno tornare ai tempi di “Ummagamma”, ma vi immergeranno in un’atmosfera sperimentale che di questi tempi è merce rara. Nero e bianco, dunque, si fondono e quanto di buono ha fatto la musica bianca si arricchisce, come per gemmazione, dei suoni ribelli della musica nera. Da ascoltare e da avere, come gli altri suoni album.
Articolo di Luca Cremonesi
Tracklist “White Jesus Black Problems”
- Venomous Dogma
- Highest Bidder
- Mayor of Wasteland
- They Go Low
- Nibbadip
- Oh Betty
- You Don’t Belong Here
- Man With No Name
- You Better Have A Gun
- Trudoo
- In My Head
- Register of Free Negroes
- Virgin Soil