Il 18 settembre ha visto la luce “Breach”, il nuovo lavoro di Fenne Lily per Dead Oceans, registrato con Brian Deck ai Narwhal Studios di Chicago. Dopo l’esordio con “On Hold” nel 2018, la cantautrice originaria del Dorset, torna con un album estremamente personale, nel quale racconta una lunga parentesi di auto-isolamento a conclusione di un tour, ben prima che l’emergenza Covid-19 rendesse questa condizione forzatamente familiare a ognuno di noi.
Ad anticipare l’uscita del disco, il singolo “Alapathy”, parola inventata dall’artista stessa e nata dall’unione tra i termini inglesi “apathy” e “allopathic” (Allopatia, teoria e terapia medica basata sulla somministrazione di rimedi che producono effetti contrari a quelli provocati dalla malattia). La medicina tradizionale, a detta di Fenne, non ha curato la sua salute mentale e non è riuscita a risolvere i suoi problemi, si è concentrata soltanto sui sintomi senza trovarne le cause. Alla fine ha imparato a prendersi cura della propria solitudine, osservando da vicino sé stessa e le proprie relazioni con gli altri.
In queste dodici tracce si apre lo sguardo sulla difficoltà di avere vent’anni, quando tutti si aspettano da te l’ovvia ricerca del divertimento spensierato, della leggerezza, mentre tu non vuoi altro che chiuderti per un mese in un appartamento di Berlino per esplorare i tuoi angoli più oscuri e vederti tutta intera, sola, donna. “To Be A Woman Pt.1” dà il via a un’altalena costante tra provocazioni rockeggianti e intimi ritratti, sussurrati piano dalla voce inconfondibile di Fenne. È forse proprio questo contrasto marcato tra una vocalità eterea e la presenza frequente di chitarre distorte (Steve Albini degli Electrical Audio ha introdotto un tocco elettrico ai brani, nuovo per le sonorità dell’artista) a rendere bene la sottile sensazione di disagio interiore che ha bisogno di trovare voce e il distacco scanzonato di chi c’è passato e ne è uscito.
In “Alapathy” c’è la ritmica ossessiva dei pensieri che si rincorrono senza tregua e non danno scampo, l’overthinking incontrollato che ti risucchia; “Berlin” invece è già una sorta di dopo, ad acque più calme, quando già non è più difficile restare da sola.
Ci sono tutti i sentimenti più disparati, non necessariamente in ordine di elaborazione, come disordinato è il percorso interiore che li ha originati: c’è il sarcasmo pungente e amaro contro un amore incapace di metterla al primo posto (“I, Nietzsche”) e la rabbia per chi l’ha ferita con leggerezza: Mi stai dicendo che sono nella tua testa come se fosse una cosa buona \ mi stai dicendo che lei è nel tuo letto come se non fosse niente (“Birthday”) o per un amante fugace che ha lasciato una scia di amarezza e senso di inadeguatezza (“I Used Yo Hate My Body But Now I Just Hate You”). “Solipsism”, secondo singolo uscito prima dell’album, è il quadro triste di una generazione divorata dalla necessità di esporsi e condividere qualsiasi cosa.
Nell’insieme un disco ben prodotto, “Breach” è soprattutto una sorta di diario scritto quando il peggio è passato: appunti per il futuro, per una donna che sa di non essere più sola, ma sa anche di non temere più la solitudine. Essere in grado di guardarsi dentro con tanta spietata lucidità a poco più di vent’anni ci regala un disco pieno di presenza e consapevolezza femminile, nel quale Fenne Lily fa ascoltare ogni parte di sé, ogni respiro, mettendosi a nudo senza paura.
Articolo di Valentina Comelli
Tracklist “Breach”
- To Be A Woman Pt.1
- Alapathy
- Berlin
- Elliott
- I, Nietzsche
- Birthday
- Blood Moon
- Solipsism
- I Used To Hate My Body But Now I Just Hate You
- ’98
- Someone Else’s Trees
- Laundry and Jetlag