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Filippo Dallinferno “Aquarius”

Rabbia, solitudine, voglia di fuggire si rincorrono velocemente in un uragano di suoni e di ritmi

Siamo entrati nell’era dell’Acquario, un’era di pace, di elevazione spirituale, almeno questo è quello che ci tramanda la cultura hippy. Ma cosa può significare tutto questo ai giorni nostri, in un mondo minacciato da guerre vecchie e nuove con ancora l’incubo dell’olocausto nucleare? Forse a dare questa risposta ci può aiutare “Aquarius”, il nuovo album del chitarrista e polistrumentista Filippo Dallinferno. Uscito il 4 ottobre 2024 per Horang Music, “Aquarius” è un lavoro che ti colpisce con i suoi suoni aspri, con la chitarra tagliente e la voce quasi sempre urlata.

Rabbia, solitudine, voglia di fuggire si rincorrono velocemente in un uragano di suoni e di ritmi che a volte ci ricordano i fraseggi tipici del Rock anni ‘70 con però la cupa durezza, a volte, di suoni più tenebrosi e martellanti. La batteria di Nick Turri si inserisce perfettamente in tutto il contesto, riuscendo a spaziare molto bene tra figure ritmiche diverse senza mai risultare invadente, ma fornendo un appoggio solido ai riff fulminanti che si rincorrono lungo tutto l’album.

L’autore dice che questo album è un omaggio alla chitarra elettrica. In effetti lo strumento contende alla voce e alle parole la parte da protagonista. Voce e chitarra viaggiano su binari paralleli, facendo a gara per esprimere la rabbiosa voglia di fuga da una realtà opprimente che, secondo me, è il tema centrale di questo lavoro. Anche se gli echi delle sonorità anni ’70 ritornano lungo tutto il percorso dell’album, siamo lontani anni luce dalla speranza di rinnovamento cosmico che ci ha tramandato il film “Hair”. Qui il protagonista esprime un disagio e una voglia violenta di spezzare le catene che lo trattengono. Emblematico per questo è il brano “Il cosmonauta Zavadowsky”. L’amore stesso sembra vissuto come qualcosa di opprimente, da consumare velocemente sotto i fari di un parcheggio di un centro commerciale o da ballare disperatamente sotto un cielo stellato. Però pare che una via di fuga alla fin possa esserci, quando il protagonista, al termine del suo viaggio, si ferma avendo trovato il suo grande amore sulle rive del Tamigi. Oppure l’alternativa può essere il perdersi in un cosmo infinito guardando l’umanità rimpicciolirsi in lontananza.

Sono tante le suggestioni che Filippo Dallinferno riesce, con la sua voce e con la sua chitarra, a trasmetterci. Io ne ho suggerite solo alcune e spero di avere colto le intenzioni dell’autore. Certamente è un ascolto impegnativo, ma che alla fine ti lascia dentro qualcosa e questa è una caratteristica sicuramente positiva in un panorama musicale spesso limitato all’usa e getta.

Difficile scegliere un brano su tutti. Quello che più mi ha colpito è stato “Madre Fortuna”, per l’atmosfera lievemente vintage della melodia e per l’energia sprigionata dal solo. Da segnalare anche il prezioso contributo di Charlie Musselwhite all’armonica nel brano “Sotto i fari del Bennet”, unico omaggio ai trascorsi blues dell’autore. Un album quindi molto interessante anche per chi, come me, naviga di solito in altre sonorità. Un album da ascoltare attentamente e da comprendere, avvantaggiati dai testi scritti in italiano, cosa che apprezzo moltissimo e di cui ringrazio Filippo Dallinferno.

Scritto da Flavio Giuseppe Businelli

Tracklist “Aquarius”

  1. Ti Amo Folle 
  2. Il Cosmonauta Zavadovsky 
  3. All’Ombra di Venere
  4. Sotto i Fari del Bennet (feat Charlie Musselwhite)
  5. Vuoi Tu Ballare Con Me
  6. Amico Fratello
  7. Madre Fortuna
  8. Sto Bene Qui, Andate Voi
  9. L’Imperatore
  10. Alla Fine
  11. Esseri Umani

Line up Filippo Dallinferno: voci, chitarre, basso, tastiere, percussioni / Nick Turri Batteria

Filippo Dallinferno online:
Facebook: https://www.facebook.com/dallinferno
Instagram: https://www.instagram.com/filippodallinferno/
YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCRdR7qCnq7v0YRFeemS9KRg

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