“The Great Machine”, uscito lo scorso ottobre su Volcano Records, è il nuovo lavoro degli Hangarvain, alla quarta pubblicazione dopo due album e un ep. Potremmo dire che si tratta del loro miglior lavoro, ma in questo, sappiamo, il gusto personale ha un ruolo determinante; si presenta però come il loro lavoro più maturo, probabilmente il primo disco in cui la band ha indugiato di più nelle possibilità creative offerte da uno studio di registrazione.
Gli Hangarvain hanno macinato concerti su concerti sui palchi di tutta Europa a fianco di molti grossi nomi, e sicuramente l’esperienza e il contatto con varie influenze esterne sono fattori aggiuntivi che non sono andati persi ma che anzi contribuiscono al risultato finale.
“The Great Machine” miscela dunque al meglio gli ingredienti principali del suono della band. C’è il rock blues, le venature southern, ma anche il soul traspare attraverso la voce solista e certi arrangiamenti vocali come ad esempio nella title track. Non c’è però dubbio che ci troviamo fra le mani un disco di hard rock dove il suono è anche particolarmente aggressivo: il basso molto spesso distorto contribuisce, insieme alla chitarra, a creare una pasta sonora robusta ed avvolgente, sopra una batteria dinamica ed efficace.
Dall’opener “Rock Down The House” dal chorus anthemico si passa attraverso lo Shuffle travolgente ed i ritornello vincente di “Stay” fino a giungere alla title track: “The Great Machine” è uno dei migliori brani dell’album, dove dopo un roccioso riff, fra organo, cori femminili, un sontuoso chorus e un grande assolo di chitarra si tocca forse con mano l’anima sonora degli Hangarvain. L’album procede con un Rock diretto come “Walk Away” e una “What It Takes To Win” dove l’atmosfera southern rock sfocia in una grande apertura vocale, veramente un gran pezzo.
Un altro merito di questo disco è di non durare eccessivamente o avere troppe canzoni. “The Great Machine” dura poco meno di 38 minuti e contiene nove tracce, durata perfetta. Nessun riempitivo in questo disco, non lo sono “Disillusion” o “Born And Kickin’” uno di quei pezzi che anche se non stai guidando sulla Route 66 ti fa comunque venire voglia di alzare il volume e abbassare il finestrino dell’auto.
L’album si avvia alla chiusura con una cover di “Black Betty”, il super-classico blues viene rivisitato dalla band in maniera abbastanza personale, strizzando solo un po’ l’occhio alla versione dei Ram Jam del 1977, soprattutto nella sezione strumentale che precede il solo di chitarra. “Sunshine’s Memory” è la traccia che chiude il disco, un dinamico hard rock con una bella parte vocale.
Gli Hangarvain stanno lavorando sodo per guadagnarsi e consolidare una posizione nel panorama Rock italiano e non solo; il fatto che siano già una realtà live apprezzata anche all’estero e producano dischi come questo “The Great Machine” non può che renderci orgogliosi e fieri.
Articolo di Andrea Bartolini
Track list “The Great Machine”
- Rock Down The House
- Stay
- The Great Machine
- Walk Away
- What It Takes To Win
- Disillusion
- Born And Kickin’
- Black Betty
- Sunshine’s Memor
Line Up Hangarvain: Sergio “Toledo” Mosca Voce / Alessandro Liccardo Chitarra
Gli altri musicisti: Alessandro Stellano (basso), Andrea Gianangeli (batteria), Mark Basile (tastiere), Johnny Dema (tastiere)