“Imilla” è il nuovo concept album del gruppo Il Bacio della Medusa, fuori dal 25 agosto per l’etichetta AMS Records. Un lavoro che conferma il talento e la credibilità di questa band, forte di un’esperienza ventennale che la pone come una delle più significative del Prog/Rock nostrano. Giunta al suo quinto album di studio, la formazione perugina ci regala un’altra perla nella sua produzione discografica. La band ha conservato la sua line up originaria, se si eccettua l’innesto recente del nuovo chitarrista Andrea Morelli, fratello di Eva, la bravissima interprete della sezione fiati.
Un disco che riesce a discostarsi dalle atmosfere sperimentali del precedente “Seme” datato 2018 e che riconduce la band sulle piste della sua più solida tradizione, un Prog sicuramente connotato da influenze seventies, ma molto “contemporaneo” nella struttura. La creatività del gruppo si riversa nelle note dell’album dove la tecnica strumentale alterna momenti quieti a vorticose accelerazioni. Le tastiere e il synth di Diego Petrini producono sonorità maestose dialogando con i fraseggi delle chitarre; un costante intreccio con la ritmica del basso di Federico Caprai e le percussioni garantisce solidità al sound. A impreziosire le partiture contribuiscono anche il flauto e il sax della Morelli, mentre il timbro del vocalist Simone Cecchini lascia il segno per potenza e lirismo con una versatilità che assume talora aspetti teatrali.
I temi trattati dal disco ne fanno una sorta di opera rock evocativa. Vi si racconta infatti un pezzo di storia a cavallo tra i ’60 e i primi ’70. L’album ruota attorno alla figura di Imilla, pseudonimo di Monika Ertl, attivista tedesca naturalizzata boliviana e poi combattente nel movimento denominato Esercito di Liberazione Nazionale. Dopo la morte di Che Guevara, il suo eroe in vita, decise di dedicarsi alla rivoluzione, seguendone le orme. In un periodo di grave instabilità politica di quel paese in America Latina, la vita della Ertl si concluse tragicamente il 12 maggio 1973 durante un’imboscata delle milizie di sicurezza boliviane. Una trama complessa da raccontare, soprattutto per l’accavallarsi in un breve arco temporale dei tanti avvenimenti avventurosi e drammatici che coinvolsero la protagonista e chi le ruotava attorno. Il gruppo riesce a rievocare tante immagini e tasselli dell’incredibile storia della Ertl con perizia e fantasia.
L’album, nato da un’idea di Cecchini, aveva inizialmente tonalità in preminenza acustiche; presentato poi al resto della band in questa forma provvisoria, assunse, grazie anche agli arrangiamenti di Petrini, le tinte prog e hard rock tipiche del gruppo, senza comunque disperdere le caratteristiche folk e latine originarie che ben si intarsiano con gli argomenti trattati. I pezzi presentano un’impressionante varietà sonora e tutti gli strumenti sono parimenti coinvolti. La musica muove in modo appassionante regalando sprazzi di grande Prog. “Amburgo 1 aprile 71” scorre tra atmosfere crimsoniane, sonorità profonde e un synth roboante. Un pezzo molto importante perché ci riporta a quel giorno, passato alla storia per l’uccisione di Roberto Quintanilla Pereira, in cui la Ertl ha presumibilmente vendicato il Che facendo rivalere la sua lotta e il suo ideale sull’uomo che aveva osato oltraggiarli.
“Lo Specchio di Hans Ertl” racconta invece i rimorsi del padre di Monika dopo la sua morte con un’intensa melodia dai colori psichedelici. Non mancano i momenti di puro virtuosismo come quelli regalati dal bellissimo assolo di chitarra de “La Dolorida” che si adagiano poi tra i vellutati climi dell’acustica. “Zio Klaus” è una delle tracce più coinvolgenti in virtù dell’energia metallica del suo Dark Prog e del flauto dalle reminiscenze Jethro Tull. Nell’estroso Jazz Rock di “Ho visto gli occhi di Inti virare a nero” gli strumenti dialogano con la voce sempre espressiva di Cecchini. Molto caratteristici i rumori artigianali che accompagnano “Un visto per la Bolivia”; il ticchettio di una macchina da scrivere introduce il pezzo che evolve nella ritmica della batteria scandita da una cadenza quasi punk rock, prima di lasciare spazio al Prog puro che si diluisce sul finale nel fischio della sirena di una nave. Tre spari e un’auto che sgomma veloce introducono lo strumentale “Colt Cobra 38 Special”, contrassegnata da un dialogo tra flauto e tastiere prima di riprendere i temi di “Amburgo 1 aprile 71” e “La Dolorida”; l’epilogo esibisce un’atmosfera suggestiva grazie anche agli interventi del sax, in una sorta di accorato ultimo saluto a Monika stesa sulla strada… la luce che svanisce con lei.
Ideali, rivoluzioni, passione, vendetta e un clima western si intrecciano nelle tematiche di un album che sembra una colonna sonora perfetta del periodo cupo degli anni di piombo, ma che al contempo ci fa vivere questa emozionante storia. Il Rock viscerale e multiforme nei nove pezzi del lavoro, 45 minuti di ottima musica, è contraddistinto da arrangiamenti perfetti. Tutti gli stilemi del Prog sono messi in mostra in maniera vivida. Una conferma che la classe non è acqua e che questa band dal consolidato retroterra sta continuando un percorso ancora illuminato da tante propositive idee.
Articolo di Carlo Giorgetti
Tracklist “Imilla”
- Un visto per la Bolivia
- Amburgo 1 aprile 71
- La Dolorida
- Zio Klaus
- Dentro Monika qualcosa non va
- Ho visto gli occhi di Inti virare a nero
- Senior Service
- Lo specchio di Hans Ertl
- Colt Cobra 38 Special
Line up Il Bacio della Medusa: Simone Cecchini voce, chitarra, kazoo, cori / Diego Petrini batteria, percussioni, piano, organo, mellotron, synth, melodica, macchina da scrivere / Eva Morelli flauto traverso, sax alto, sax soprano / Federico Caprai basso / Andrea Morelli chitarra elettrica, steel guitar
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