Questa colonna sonora di IOSONOUNCANE “Berlinguer. La grande ambizione”, fuori il 31 ottobre per Numero Uno (Sony Music) / Tanca Records (Trovarobato), tiene a battesimo la nuova collana discografica che esplora la produzione dell’artista di origini sarde dedicata alle musiche scritte negli ultimi anni per cinema, teatro e sonorizzazioni. Il disco, prodotto in vinile, reca il numero “8”, perché, ha annunciato Jacopo Incani, sarà la prima uscita di una collana intitolata “Il suono attraverso” che raccoglierà tutto il materiale che ho scritto dal 2013 in poi per sonorizzazioni, spettacoli teatrali, film. La numerazione dei volumi non seguirà l’ordine d’uscita, bensì l’ordine di scrittura. La colonna sonora di “Berlinguer. La grande ambizione” è, quindi, il volume 8.
Ci ha abituato bene IOSONOUNCANE in questi anni, dimostrando di essere uno degli artisti capaci di vedere in avanti, interpretare segni e messaggi, capire dove recano sentieri non sempre, per fortuna, interrotti. Così da “Ira” in poi, con Tancarecords, il musicista sardo si è messo in scia con i grandi produttori italiani che sanno fare la differenza. I suoi lavori, ma anche le sue produzioni, sono fra le poche boccate d’aria fresca in un ambiente ormai rarefatto e soffocante, saturo di mainstream e di pop commerciale privo di ogni mordente.
Questa colonna sonora a un primo ascolto, lo confesso, fa pensare di aver speso male tempo e denaro. Tuttavia, IOSONOUNCANE ci ha abituato molto bene, si diceva, e non solo merita una seconda occasione, ma esige che questa sia vissuta con grande attenzione per quello che si sta ascoltando. Così, ricominciando da capo, con un ascolto più attento e meno ricco di pregiudizi, e cioè il voler ritrovare quello che già sappiamo della sua arte, in realtà emerge un lavoro solido, rarefatto e minimale che è davvero particolare e molto interessante.
La sensazione, per chi ha ascoltato il dittico “Ira” e “Qui noi cadiamo verso il fondo gelido”, senza dimenticare “Jalitah”, progetto staccato, ma nato nel cuore della Sardegna, non può che ritrovare molte di quelle esperienze sonore. Questo lavoro nasce per patogenesi, o meglio ancora. Succede quello che accade quando da una Madre si stacca un frammento di lievito, per generare una nuova Madre. Fuor di metafora, questo disco è figlio naturale di “Ira”, pur se ne è un embrione potenziale. Anche se molte delle 19 tracce sono di pochi minuti, è di fatto musica per immagini. Una direzione diversa dal classico album fatto di brani e canzoni. Incani prosegue così il suo lavoro di decostruzione e destrutturazione della forma musica, commerciale e tradizionale, per percorrere ancora una volta una sua strada ben precisa e sperimentale.
L’album, nel dettaglio, nasce come sonorizzazione per l’omonimo film che racconta la storia di Enrico Berlinguer, volto noto della politica del ‘900, anche lui di origini sarde come Incani. Queste parti musicali sono lo sviluppo di un tema, esposto nella prima traccia, che torna, come impone il genere, variato e variegato nel corso di tutto l’album. Differenziali che nascono per essere musica per immagini. Ed ecco, per sintetizzare, che “Piazza della Loggia” e “Brigate Rosse” sono senza dubbio i due momenti più alti ed intensi, capaci di ridare all’ascoltatore quel clima greve e claustrofobico di una stagione cupa della nostra storia nazionale. “Agnelli” e “Giulio il collezionista” sono gli altri due momenti davvero penetranti e capaci di sintetizzare, in pochi minuti, la sensazione che questi due nomi suscitano in chi li ricorda in vita, protagonisti di pagine di storia e di cronaca.
La parte succosa del lavoro sono poi le tracce concepite come momenti musicali articolati. Canzoni o brani sono definizioni ormai difficili da utilizzare per descrivere questo lavoro, e senza dubbio sono forme ed esperienze che vanno ormai strette a Incani. Ed ecco che “Madre”, il primo momento corposo del disco, è una musica dove Incani utilizza la sua tecnica che prende la voce come parte integrante della proposta musicale. Un canto quasi da sirena, ammaliante. Allo stesso tempo, si tratta di una melodia rarefatta e lenta, che descrive un vero abbraccio materno, caldo e accogliente.
“URSS” è un momento freddo, da ufficio di anonimi funzionari, con un suono disturbante che fa pensare, a un primo momento, a un’anomalia del proprio impianto audio. Non è certo la Russia di Peppone e Don Camillo quella che emerge dalle note di Incani, e tanto meno quella dei folkloristici cattivi di 007. “Agnelli” rimanda molto all’inquietudine del Angelo Badalamenti di Twin Peaks, con un mood ripetitivo che decisamente è spaesante. Una musica degna dei Goblin al meglio del loro splendore. Un crescendo di ansia e inquietudine che è di fatto una precisa presa di posizione sulla faccenda. Il tutto, insomma, è ben costruito. Pur se breve, è molto interessante, nella parte finale del lavoro, “Roma N57686”, si tratta di una musica che mostra il ritrovamento del corpo del presidente Aldo Moro (il titolo è infatti la targa della R4). Un mix di suoni etnici, spinti all’estremo, con il tema del film che batte, punge, disturba. Il tutto a creare quel senso di profondo malessere e sgomento che in molti provarono dopo i fatti di via Caetani del 9 maggio 1978.
Il dittico finale è senza dubbio una sintesi che riappacifica con un album di non facile lettura, ma minimale, sulla scia di György Ligeti e di Micheal Nyman, con un gusto alla Morricone (che però, per certi versi, attraversa comunque tutto questo lavoro). “Isola piana” e “I funerali di Berlinguer”, riportano l’ascoltatore verso paradisi più sereni, dopo un viaggio profondo in un periodo felice per la storia di un certo partito politico, ma in realtà duro, pesante come il piombo, e inquietante, da vera Notte della Repubblica, come definì parte di quegli anni Sergio Zavoli, per tutte le persone che hanno vissuto in presa diretta quell’epoca. Il canto funebre finale è il distillato, e il naturale seguito dell’abbraccio materno di “Madre”. Un canto funebre epico, non certo di festa, come altri hanno interpretato e descritto quel preciso momento storico. Si chiudeva un’epoca inquietante, ma non se ne apriva una serena. Lo possiamo dire oggi, e Incani ha saputo ben sintetizzarlo nel suo lavoro questa situazione. Il tutto con poche note, come se avesse tenuto accesa sola una piccola parte della sua ricca consolle che lo accompagna solitamente in tour.
Articolo di Luca Cremonesi
Tracklist “Berlinguer. La grande ambizione”
- 1973
- Sofia
- Non è stato un incidente
- Piazza della Loggia
- Borgata
- Madre
- Urss
- Mosca di notte
- Breznev
- Il discorso al Cremlino
- Brigate Rosse
- Agnelli
- Giulio il collezionista
- Plebi
- Il rapimento di Moro
- La lettera
- Roma N57686
- Isola piana
- I funerali di Berlinguer