Non è un disco facile e immediato questo “The Spur”, nono album della cantautrice Joan Shelley, uscito il 24 giugno per No Quarter. Non è un disco facile perché, nonostante la produzione brillante di Nathan Salzburg, marito della Shelley, e arrangiamenti ricchi ed accattivanti, è un lavoro che è necessario ascoltare prestando particolare attenzione ai testi. Il tema centrale è la vita, la vita della bambina che Joan e Nathan hanno avuto lo scorso anno, ma anche dei dubbi e delle paure che vivere in questo periodo nascono in ognuno di noi. Am I losing my mind? / Do I seem all there to you? sono le prime parole di “Forever Blues”, splendida ballad in tre/quarti costruita su un arpeggio di chitarra acustica e su un basso discreto, con tanto di sezione archi a rendere tutto ancora più bello.
In “Home” la cantautrice di Louisville ripensa al tempo della fanciullezza e alle cicatrici che quel periodo ha lasciato, con una voce che ricorda quella di Joni Mitchell e un intreccio di acustiche sostenute da una solida sezione ritmica. Il miracolo avviene nella traccia 4, “Amberlit morning”, dove fa capolino la voce di Bill Callahan nell’episodio forse migliore di tutto l’album. Quando ero bambina, mio padre, che faceva il pittore, mi insegnò una frase di Picasso, “ogni bambino è un artista. Il problema è rimanere artisti quando si cresce”. Mentre scrivevo la canzone, mi resi conto che andava verso questo tema, quello della bellezza e della non permanenza. Ho iniziato a immaginarla come un duetto che potesse sembrare una conversazione fra due costellazioni. Volevo che diventasse una favola della buonanotte mitologica, una che solo Callahan avrebbe potuto scrivere. Così gli ho chiesto di scriverla e di cantarla con me.
Dopo “Like the Thunder”, insieme alla title track la canzone più sostenuta del disco, con le chitarre elettriche bene in evidenza a disegnare il suono più “roots” dell’intero lavoro, c’è “When the Light is Dying”, bellissimo incubo nato attraversando le pianure del Kentucky, con archi e corno inglese ad arricchire l’arrangiamento. Bellissima anche “Completely”, delicato brano dal sapore soul che chiude un disco sorprendente, che non farà fatica ad entrare nelle nostre classifiche di fine anno, e che sicuramente è uno dei lavori più convincenti fra quelli provenienti da oltreoceano.
Articolo di Michele Faliani
Track list “The Spur”
1. Forever Blues
2. The Spur
3. Home
4. Amberlit Morning
5. Like The Thunder
6. When The Light Is Dying
7. Breath For The Boy
8. Fawn
9. Why Not Live Here
10. Bolt
11. Between Rock And Sky
12. Completely