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Kadavar/Elder “Eldovar – A Story of Darkness & Light”

Lavoro di qualità sopraffina, argutamente influenzato ma allo stesso tempo ricco di spunti originalissimi

Oggi non parliamo di gruppi brutti, cattivi e incazzati neri, bensì di una band tedesca davvero di livello: siamo di fronte al secondogenito artistico dei Kadavar, dal titolo “A Story of Darkness & Light”, rilasciato il 3 dicembre 2021 su Robotor Records. L’album è stato composto a distanza insieme agli amici statunitensi Elder, un modo di sopportare meglio l’isolamento musicale e sociale durante la pandemia.

Il sestetto berlinese con questo album riesce a mettere nero su bianco un lavoro di qualità sopraffina, argutamente influenzato ma allo stesso tempo ricco di spunti originalissimi. Per quanto già dal primo ascolto le influenze progressive rock moderno siano chiare come il sole – si pensi all’ultimo decorso della carriera dei leggendari Opeth o dei lavori degli americani Baroness – , i Kadavar riescono a collocarsi perfettamente in una frangia musicale che si destreggia fra un genere vecchio di 50 anni e le sue controparti contemporanee, senza mai scadere nel citazionismo scellerato.

Dosi massicce di sintetizzatori, tastiere e momenti puramente ambient vanno ad arricchire un chiaro nocciolo Rock’n’Roll / Progressive, sul quale il disco si regge con grande solidità. La traccia d’apertura “From Deep Within” mette subito in bella mostra (mi si perdoni la terminologia “bocconiana”) le palle cubiche dei Kadavar per la decisione di aprire l’album con un pezzo di più di 9 minuti e mezzo di durata. Un brano strepitoso che, dopo un’introduzione ad hoc capace di mescolare melodie soavi e un utilizzo illuminato della struttura di chitarra (ora acustica in primo piano, poi elettrica sullo sfondo), si lancia in una strofa / ritornello di grandissima efficacia votato a sonorità più puramente Rock ‘n’ Roll. Primo-secondo ascolto e non riuscirete più a togliervi di testa il febbrile refrain “I surrender to the ocean of looooove!”.

Ed ecco appunto che ritorno a elogiare le influenze più inaspettate del suono del gruppo tedesco: proprio dopo la parte già menzionata, un cambio repentino di tonalità va a tinteggiare di nero il brano, svelandoci un altro punto di forza della composizione di questo progetto musicale. La variazione in minore è una chiara citazione ai già citati Opeth (o alla vena più abbordabile dei primi lavori dei Ghost) ma allo stesso tempo riesce a regalare ancora più gusto all’ascoltatore nello scoprire le varie sfaccettature di questo progetto. La dinamica dei brani tende a rimanere più o meno la solita lungo tutto il disco, fatta esclusione per alcune parti perfino alla The Beatles su brani come la semi-ballad “El Matador”, per poi andare a schiantarsi sul pezzo migliore del disco di una spanna, ovvero “Blood Moon Night”.

Quasi dodici minuti di epopea musicali, aperti da un marcetta di batteria sostenuta da una chitarra e una tastiera che virano nuovamente verso i Ghost, aggiungendo un altro apprezzatissimo twist: una dilagante vena doom rock – che ricorda i leggendari Pentagram dagli USA – che colpisce in grande stile regalando un’altra scurissima veste alla melodia e all’atmosfera del brano.

Il cantato segue spesso questo andamento bicefalo del disco e specialmente di questo brano, a volte più gracchiante e minaccioso mentre altre quasi sullo stile etereo del Gilmour di “Dark Side of the Moon”. Se pensate che questo disco sia uniformemente docile tuttavia vi sbagliate di grosso: proprio mentre nella suddetta “Blood Moon Night” cominciavo a temere una coda troppo morbida per i miei gusti, i Kadavar ci servono un cambio di registro completo nel centro del brano, perpetrato fino alla sua chiusura. La chitarra diviene improvvisamente deragliante, sostenuta da una sezione ritmica ispiratissima, capace di deviare il pezzo verso sonorità che non mi hanno fatto rimpiangere i Mastodon del fenomenale “Crack The Skye”.

Davvero un gran lavoro, ben realizzato e pieno di sorprese e spunti inaspettati. Ai Kadavar si possono eventualmente rimproverare anche alcuni eccessivi riferimenti a band già affermate nel settore, ma tutto tende gradualmente a sbiadire in virtù di un disco che fa della sua natura camaleontica il suo punto di forza primario. In “A Story of Darkness & Light” niente è come sembra e per una volta sono contento che sia così.

Articolo di Lorenzo Bini

Tracklist “A Story of Darkness & Light”

1. From Deep Within
2. In the Way
3. El Matador
4. Rebirth of the Twins
5. Raspletin
6. Blood Moon Night
7. Cherry Trees

Line-up Kadavar

Simon Bouteloup / Michael Risberg / Nick Di Salvo / Lupus Lindemann / Tiger Bartelt / Georg Edert

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