Uscito il 28 ottobre l’album “Macerie” dei Laika nello Spazio, è il secondo album della band (il primo era “Dalla Provincia” del 2019), nata a Rho nel 2016. A proposito del nome della band, la cagnetta Laika (“piccola abbaiatrice” uno dei vari nomi che le davano i tecnici russi), primo animale inviato nello spazio con la navetta Sputnik 2 il 3 novembre del 1957, era destinata a morire dopo solo poche ore, sola nel vuoto dello spazio cosmico terrorizzata e smarrita poiché il rientro sulla terra della navetta non era previsto.
La produzione musicale degli ultimi anni è copiosa e vastissima: a saper cercare si sentono cose belle e produzioni professionali, musicalmente piacevoli. Ciò che è veramente difficile da trovare è trovare tutto questo insieme a un modo originale di fare musica. Io credo che i Laika nello Spazio ci riescano: sono originali a partire dalla formazione doppio basso e batteria, andando a comporre una band che è nel suo complesso una sezione ritmica potenziata. Musicalmente tutti e nove i pezzi sono aggressivi, ruvidi ma anche orecchiabili grazie ad un continuo intrecciarsi delle parti di basso e un tappeto ritmico potente.
Il modo in cui vengono affrontati i vari temi: ecologia, fede, falsi dèi e falsi miti, solitudine, psicosi, denaro è singolare e insolito. Con un uso sciolto e appropriato dell’italiano, cantato almeno quanto recitato, veniamo accompagnati in un mondo umano deprivato, di sostanziale solitudine “chiusi in una scatola” come il gatto di Schrödinger: nessuno ha interesse ad aprire la scatola per vedere se siamo vivi o morti. Un mondo in disgregazione sempre più rapida: che scivola verso una nuova era glaciale sia ecologicamente che umanamente dominata dal freddo, dall’isteria di massa, dalla falsa informazione.
La razionalità cede a una ridda di sentimenti. Si possono rifare gli errori del passato: dopotutto sono soltanto “Macerie”, perché solo macerie lasciamo alle nostre spalle, a prescindere dal nostro impegno o dalle nostre intenzioni: non s’impara nulla, l’esperienza non serve e la storia non è maestra di vita. Vivere è produrre macerie e ciò che è davvero importante è trattenersi dalla strana sensazione chiamata “amore” In “Coprifuoco definitivo” ci troviamo in attesa di un’altra Era Glaciale sia ecologica che sociale. Siamo uomini o siamo topi, qual è la differenza? Ecco la vera domanda che ha una risposta: siamo l’uno o l’altro all’occorrenza. Se a livello sociale questo può essere dovuto alla caduta dei valori a livello individuale abbiamo una rimozione così forte da dare la perdita della memoria storica degli oggetti e delle situazioni più semplici: libri, appuntamenti, Smarrimento.
Reagire nel brano “Reazione” è l’undicesimo comandamento mancante alle Sacre Scritture. Dov’è la nostra capacità di reazione. Nella neolingua la parola “reazione” è stata cancellata e si parla di resilienza. Purtroppo, non nel senso che si legge sulla Treccani online “in psicologia, la capacità di reagire a traumi e difficoltà, recuperando l’equilibrio psicologico attraverso la mobilitazione delle risorse interiori e la riorganizzazione in chiave positiva della struttura della personalità” ma piuttosto come capacità di sopportare fino a scoppiare. Vince sempre il buio della ragione.
La genialità e profondità di “Schrödinger” colpisce a fondo come un pugno nello stomaco. Perché si dice che il silenzio degli dei è assordante, che siamo tristemente circondati da persone (inversione del valore delle relazioni umane) e infine ti sei sentito mai come chiuso dentro una scatola?. Come il gatto di Schrödinger che nello stesso momento è sia vivo che morto. Riferimento al famoso paradosso di Schrödinger, fisico austriaco vincitore del Nobel per la fisica nel 1933, che ha immaginato appunto un gatto dentro una scatola sigillata e, insieme al gatto, un meccanismo che, nell’arco di tempo in cui il gatto sta nella scatola – ovvero un’ora – può scattare e causare il rilascio di un veleno (letale per il gatto) oppure no, con uguale probabilità. Dopo un’ora, non si è in grado di dire se il gatto sia vivo o morto: siamo quindi in una condizione di indeterminazione nella quale non si conosce la sorte del gatto. Ovviamente, l’unica cosa da fare è aprire la scatola e guardare dentro. Ma i gatti nella scatola siamo noi e nessuno sembra interessato ad aprire la scatola e guardare dentro. Questo ci rende tutti non-vivi e non-morti allo stesso tempo. Difficile rendere l’idea di una società disumanizzata in modo più realistico e tragico.
Il nuovo aspettare Godot è attendere qualcosa di eccezionale e tragico: un “Evento sentinella”. Gli “eventi sentinella” sono quegli eventi avversi di particolare gravità, che causano morte o gravi danni al paziente e che determinano una perdita di fiducia nel Servizio Sanitario, come ad esempio effettuare una procedura chirurgica nella parte del corpo sbagliata. Il paradosso di questa attesa è che la voce narrante dice più aspettare non posso anche se non ha più nulla da perdere e tutto si risolve in una oscillazione cercando un armistizio tra gioia e dolore. Sperando prima o poi di sentirsi (nuovamente?) parte di qualcosa.
La femme fatale nel 2022 è quella di “Film noir”, genere di pellicole dove il finale è sempre poco felice. Strano il sentore di Dolce Stil Novo quando si dice che l’uomo è nulla rispetto all’amata. La donna non è idealizzata, celebrata per le doti spirituali ma anzi per i suoi vizi e intemperanze colossali io ero nulla dinanzi a lei dinanzi alla sua vanità al suo bisogno impellente di drogarsi. L’uomo è nulla di fronte alla donna e ai suoi “denti aguzzi pronti ad affondare”. Non basta la figura benaugurante di Afrodite per celebrare positivamente il rito dell’amore. Tutto volge in tragedia annunciata, inevitabile, comune.
Potente è l’inizio di batteria di “Nel nome degli dèi” ch’è una preghiera sardonica al dio dei falliti, al dio delle cattive intenzioni, al dio degli ignavi, al dio dei disillusi. Eppure, gli dèi c’entrano ben poco: sono solo un’invenzione dell’uomo contro l’uomo perché nel vostro nome quaggiù ci continuiamo ad ammazzare. Critica feroce alle “religioni” ufficiali. Vi maledico anche se siete solo una nostra invenzione. “Una preghiera” si apre – quasi fosse un proemio con invocazione alla musa delle arti – rivolgendosi alla terra di confine, mare, incandescente, di storia, di passione, d’invasioni. Terra di preghiera ma anche terra avvelenata per denaro. Scaglierà la prima pietra chi ha la mano più pesante. Il ritmo incalzante scandisce la preghiera con “parole strane” nel nome degli dèi.
Per chi crede da sempre fideisticamente nel libero arbitrio c’è una cattiva notizia: per i più, per la stragrande parte del genere umano non c’è scelta se non adattarsi. “Condizione esistenziale” è l’adattamento ad un destino deciso da altri o da altro. Non esiste una soluzione tangibile: andare / stare, falso / vero sono dicotomie senza senso concreto. Al più ci si può adattare senza avere paura di “morire dentro”.
È un disco da ascoltare e riascoltare “Macerie” dei Laika nello Spazio. Personalmente vi ho trovato originalità e consonanza. Molte storie ben narrate in musica su di una società che ricorda sempre più il caos dei grandi antichi di Lovecraft. I testi vanno oltre la critica superficiale, una facile speranza di redenzione o i dolori da curare con un blando analgesico, per dare una descrizione impietosa e graffiante di quello che non va in noi, noi che siamo i mattoni costituenti la “nostra” società.
Articolo di Mario Molinari
Tracklist “Macerie”
- Macerie
- Coprifuoco definitivo
- Reazione
- Schrödinger
- Evento sentinella
- Film noir
- Nel nome degli dei
- Una preghiera
- Condizione esistenziale
Line up Laika nello Spazio: Vittorio Capella voce e basso / Simone Bellomo basso / Marco Carloni batteria
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