Quando nel corso dell’estate avevo ascoltato “Mata Hari”, singolo anticipatore di questo disco, le atmosfere che si sprigionavano dal pezzo mi avevano immediatamente conquistato. Ho intuito di trovarmi davanti a un’artista con la A maiuscola, uno di quei talenti che danno lustro al nostro cantautorato. Eppure, definire questo album per i soli risvolti di canzone d’autore sarebbe riduttivo perché qui c’è senz’altro molto di più. L’album di cui racconto in queste righe è il secondo lavoro in studio della vocalist e compositrice Marta Del Grandi dal titolo “Selva”, pubblicato da Fire Records il 20 ottobre.
Interprete dal notevole retroterra, Marta proviene dal conservatorio Jazz e nel 2012 si è trasferita in Belgio per ultimare i suoi studi, iniziando a farsi conoscere con la sua prima band denominata Marta Rosa. Ma la passione per lo studio e la ricerca di stimolanti esperienze, hanno poi portato l’artista a viaggiare molto per arricchirsi del contatto con culture differenti. Dopo aver soggiornato in Cina e in Nepal, ha trascorso tre anni nella città di Katmandu. Il confronto con etnie diverse è stato senza dubbio una fonte di ispirazione per Marta che, anche grazie a queste nuove esperienze, è approdata, oggi trentacinquenne, al pieno della sua maturità artistica.
La sua arte sembra attingere a una moltitudine di stili, spaziando dal Folk all’Ambient e l’Elettronica con un tocco di musica classica modernizzata nelle partiture. La strumentazione, che a un primo ascolto può apparire minimale, è in realtà ricchissima, sfruttando tutte le potenzialità di tastiere elettroniche che si fondono con la chitarra acustica, e con la dolcezza di contrabbasso e fiati come il clarinetto e il sax tenore. Ma è soprattutto il timbro espressivo di Marta a emergere: ora intriso di qualche reminiscenza Laurel Canyon, ora più etereo, a volte più pronunciato e capace di mostrare quella verve esotica acquisita anche con il suo peregrinare tra diversi paesi e culture.
Il disco di debutto “Until We Fossilize” datato 2021, aveva espresso la sua vena jazz, in un lavoro pregno di fantasia. Questa nuova opera offre invece un universo completamente nuovo, che Marta definisce il suo ecosistema, dove il punto di partenza sul quale costruire le trame sonore è la forza della sua voce. Tutto ciò è percepibile in queste dodici tracce che trasportano l’ascoltatore in una dimensione riflessiva, risultando sempre coinvolgenti, attraverso un Dream Pop che unisce complessità emotive a arrangiamenti raffinati.
L’indole avventurosa di Marta l’ha portata a compiere un nuovo itinerario, stavolta introspettivo, durante il quale l’artista ha voluto scavare a fondo nelle sue esperienze passate per dare forma alle sue reali emozioni e rivelare alcuni dei suoi pensieri più profondi. Si parla di sentimenti importanti come l’amore e l’amicizia, si affrontano conflitti interni e il desiderio di trovare un angolo di pace interiore.
Tutti i brani sono interpretati in lingua inglese a eccezione della title track “Selva”; un motivo modernissimo nella concezione che coniuga sonorità sintetiche e sperimentali con una vocalità dalle sfumature corali. La voce di Marta sembra giocare con le note, con un timbro quasi onirico, sempre pronto a assumere forme cangianti, che si palesano talora come la recitazione di una poesia o un racconto in musica. Soavi ballate dalle tonalità elettroacustiche come “Marble Season” con superbi interventi degli archi, Two Halves” o “Polar Bear Village” prendono corpo tra climi eterei. Quest’ultima in particolare è una magica fusione tra i suoni del piano e gli arpeggi evocativi della chitarra.
“Mata Hari”, il brano menzionato in apertura, che è anche l’incipit dell’album, è invece un pezzo più articolato nella struttura, sostenuta da un synth brioso, in perfetta simbiosi con la voce e sezioni di fiati che mescolano calore mediterraneo e profumi di bosco. Le percussioni aprono invece “Snapdragon”, brano dove risalta anche la ritmica del basso e dove la vocalist esprime il suo racconto sonoro, prima senza supporto di strumenti, poi in un finale dai toni quasi corali. “Gold Story” è introdotta da un inizio sintetico e dalle tinte dark, mentre “Stay” è forse il brano dai colori più rock.
C’è spazio anche per una mini-suite, il brano “End Of the World”, suddiviso in due parti, la prima con arpeggi delicati della sei corde e la voce sussurrata di Marta, la seconda parte dai sapori quasi gospel e qualche inserto psichedelico a chiudere con un finale fantascientifico quest’opera pregevole. Ecco che “Selva” ci conduce, come in un metaforico percorso attraverso un bosco, in un’ambientazione fiabesca dove è anche facile perdersi. In questa scenografia naturale risiede simbolicamente anche una gran quantità di ricordi, pensieri e riflessioni da riscoprire.
Un viaggio dall’incredibile fascino, che attraverso la commistione di tanti elementi riesce a essere sempre avvincente. La voce ancestrale e moderna al contempo di Marta è pura avanguardia sonora che ci porta a immaginare mondi lontani situati fra le colonne sonore di Morricone e i piani eterei di David Lynch. Dimensioni parallele in collisione che sprigionano frammenti di musica in divenire, domati dalla maestria di un’artista perfettamente in grado di controllare l’energia magmatica della sua creatività.
Articolo di Carlo Giorgetti
Tracklist “Selva”
- Mata Hari
- Eye of the Day
- Chamaleon Eyes
- Snapdragon
- Marble Season
- End of the World Pt. 1
- Two Halves
- Polar Bear Village
- Good Story
- Selva
- Stay
- End of the World Pt.2
Marta Del Grandi online:
Website https://www.firerecords.com/artists/marta-del-grandi/
Facebook https://www.facebook.com/martarosamusic/
Instagram https://www.instagram.com/martadelgrandi/
YouTube https://www.youtube.com/channel/UCSdL4RF6HcOEja0uPgdzzDQ