La scena musicale statunitense della fine degli anni Sessanta è un microcosmo vitale e irrequieto, un focolaio di idee e nuovi stimoli non soltanto musicali che si auto-veicolano a vicenda, dalla costa ovest a quella est sono molte le band destinate a lasciare un segno per le generazioni future, in taluni casi, anche con il solo lascito di un unico album.
Detroit, Michigan, la capitale dell’industria automobilistica, la Motor City, è una fucina di nuovi gruppi, la madre di un suono duro, aggressivo, con molte formazioni che saranno di ispirazione sia in ambito Hard Rock che Punk. Gli MC5, abbreviazione per Motor City Five, sono fra questi. Portatori di un messaggio di rivolta fortemente politicizzato, sono all’inizio uno strumento nelle mani di John Sinclair, capo del movimento delle White Panthers, che usa il loro Rock selvaggio per veicolare il messaggio di ribellione e rivolta del White Panther Party.
L’album di debutto “Kick Out The Jams” del 1969 è il loro manifesto, disco dal vivo registrato a Detroit contenete l’inno “Kick Out The Jams” e le immortali parole contenute nell’introduzione poi censurata nelle successive ristampe “Kick out the jams motherfuckers !!!” È da queste parole che ironicamente comincia la storia del disco di cui andiamo a parlare; la premessa è stata lunga ma necessaria perché bisogna capire che questo album è nato per un concatenamento di eventi che ha portato la band a esprimersi quasi in antitesi a quanto proposto fino ad allora. Ma andiamo per ordine.
A causa del linguaggio considerato “osceno” usato per la title track, la maggiore catena di rivendita di Detroit, Hudson’s, si rifiuta di commercializzare il loro primo album, che ricordiamo uscii su etichetta Elektra. La band in tutta risposta fa uscire su un giornale locale un annuncio che recita “Fuck Hudson’s”; la catena elimina quindi tutti gli album Elektra dai loro scaffali e di conseguenza la casa discografica scarica la band.
Entra a questo punto in scena John Landau, futuro produttore di successo, che conosce la band ed è molto più interessato al loro lato di musicisti che a loro bagaglio di ideologie politiche e per questo li mette in contatto con la Atlantic. Il suo ruolo durante la produzione del disco e la sua influenza sulla band crescerà tanto quanto le idee di John Sinclair andranno ad avere sempre meno presa su Kramer e soci.
L’idea di John Landau è di riportare la band verso il Rock’n’Roll allontanandoli da quella forma di Hard Rock contaminato da improvvisazioni free che formavano l’ossatura dell’album di debutto. Non è un caso che il disco si apre e si chiude con due classici del Rock’n’Roll delle origini, “Tutti Frutti” e “Back In The USA” suonati come avrebbero solo potuto fare i Ramones qualche anno dopo.
Certo alcune composizioni contengono ancora contenuti derivanti dalla vecchia dottrina di Sinclair, “Rock’n’Roll, droga e sesso nelle strade” ma Landau è talmente bravo a risvegliare la band e a invogliarla a tornare verso le proprio radici musicali che brani come “Tonight”, uscito anche su singolo, e “High School” suonano più come freschi rock anthem buoni per far ballare una audience di giovani più che come inni alla rivolta.
“Call Me Animal” e “Teenage Lust” suonano senza ombra di dubbio come se il messaggio degli MC5 sia più un invito a vivere la vita e la giovinezza in liberta e senza tabù, un ritorno al messaggio originale del Rock’n’Roll degli anni Cinquanta. “Let Me Try” è una ballad per cuori infranti, crepuscolare e sofferta, dove spiccano una chitarra dal sapore surf e dei cori doo-wop, mentre la prima facciata del disco si chiude con “Looking At You”, una nuova versione del singolo già uscito nel 1968, un tour de force dove la chitarra di Wayne Kramer la fa da padrona.
“American Ruse” mostra un ritorno ad un certo tipo di messaggio “politico” letto come disillusione verso il sistema e quanto insegnato a scuola ai giovani americani, buoni per essere chiamati sotto le armi e per essere picchiati quando manifestano per quella libertà che dovrebbe essere loro di diritto; si fa notare il solo di chitarra di Fred Smith tanto semplice quanto epico. Il capolavoro del disco “Shakin’ Street”, anch’esso uscito come singolo, è una canzone scritta e cantata da Fred “Sonic”Smith, il testo cita una serie di personaggi dai nomi improbabili vittime del richiamo della strada, il tutto magistralmente riassunto nell’anthemico chorus.
Il pezzo più articolato della raccolta è “The Human Being Lawnmower”, il testo non propriamente sviluppato fa riferimento all’orrore dell’umanità sterminatrice di se stessa identificata in un tagliaerbe, efficace il finale dove Tyner chiude cantando Taglia, taglia, taglia, taglia… Musicalmente il pezzo piuttosto dinamico si regge su diverse sezioni guidate da vari lanci di batteria e dal solito potente lavoro della doppia chitarra di Kramer e Smith.
“Back In The Usa” è un album che, andando contro a quello che erano stati gli MC5 fino a quel momento, è diventato il loro album più importante e influente, il suono preciso, netto, chiaro tutto improntato sulle medie frequenze e con poche basse ha facilitato forse l’assimilazione da parte di varie fasce di ascoltatori, così che il potente e cristallino lavoro di chitarre e le voci e i ritornelli contagiosi hanno influenzato sia la scena punk quanto quella power pop e rock in genere.
Gli MC5 hanno fatto solo un altro album dopo questo, non erano probabilmente destinati ad avere un futuro o comunque non un grande futuro, ma avevano il compito, la missione, di cantare il loro tempo e con “Back In The USA” l’hanno fatto nel migliore dei modi.
Articolo di Andrea Bartolini
Track list “Back In The USA”
- Tutti-frutti
- Tonight
- Teenage Lust
- Let Me Try
- Looking At You
- High School
- Call Me Animal
- The American Ruse
- Shakin’ Street
- The Human Being Lawnmower
- Back In The USA
Line up MC5: Rob Tyner Lead vocals / Wayne Kramer Guitar / Fred “Sonic” Smith Guitar, lead vocals on “Shakin’ Street” / Michael Davis Bass / Dennis Thompson Drums / Guest musician Danny Jordan Keyboards