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Molchat Doma “Belaya Polosa”

Album per chi è disposto a esplorare i propri paesaggi interiori senza paura

I Molchat Doma non hanno bisogno di grandi introduzioni, ma credo sia opportuno fare chiarezza su alcune informazioni che circolano online. Partiamo dall’essenziale: il loro ultimo album, “Belaya Polosa”, fuori il 6 settembre per Sacred Bones, è composto da 10 tracce che esprimono il loro stile inconfondibile. Però sento la necessità di precisare un aspetto: i Molchat Doma vengono spesso inseriti nel grande calderone del Post Punk, un’etichetta che, a mio parere, dice tutto e niente. Definire una band “Post Punk” è come definire un gruppo “Rock”: non spiega nulla di concreto. E nel caso dei Molchat Doma, non spiega nulla.

Questa, però, non è una lezione di generi musicali. Tuttavia, per comprendere appieno di cosa stiamo parlando, è importante che chi legge abbia chiari alcuni concetti. All’interno del Post Punk si trova un po’ di tutto: Indie, Grunge, New Wave, Dark Wave, Cold Wave… un insieme di stili nati dalle ceneri del Punk. I Molchat Doma si collocano più precisamente nella Dark Wave (che a sua volta comprende diversi sottogeneri), in un’area tra il Post Industrial e la Synth Wave. Senza questa premessa, non sarebbe possibile apprezzare appieno “Belaya Polosa”.

Entriamo dunque nel cuore dell’album: dieci tracce che evocano atmosfere retrò, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, pur mantenendo una produzione moderna e cristallina. Se il riferimento temporale può spaventare i puristi del “suono moderno”, è importante chiarire che, a differenza della vecchia scena, i Molchat Doma in “Belaya Polosa” sperimentano con strutture sonore innovative, donando una densità e profondità uniche. Un esempio è “Son”, primo singolo dell’album, dove il basso – un elemento chiave della sonorità Wave – cede spazio alla chitarra, un’innovazione interessante nel panorama attuale.

Le atmosfere che attraversano l’intero disco sono crepuscolari, ma non cupe o tristi, smentendo il cliché che spesso circonda la Dark Wave. Crepuscolare, qui, significa avvolto in uno stato di meditazione malinconica, un concetto che richiama lo Spleen di Baudelaire, che ha ispirato generazioni di artisti. Questo è un disco che invita all’introspezione, lontano dalla musica che si ascolta distrattamente in sottofondo. Un altro aspetto degno di nota è la cura riservata alla voce: baritonale e incisiva, ma con una ricchezza di sfumature che la differenzia dai predecessori della scena Wave. Non è il solito canto monotono, e probabilmente è proprio questa la chiave del successo dei Molchat Doma.

“Belaya Polosa” non è né un lavoro ripetitivo né un nostalgico revival. È un album che, partendo dalle fondamenta della New Wave, abbraccia strutture moderne e guarda al futuro. Le sue estetiche gotiche e decadenti sono rivisitate con una freschezza che lo rende attuale. Non è un disco per tutti, ma non è neppure riservato esclusivamente agli amanti del genere. È un album per chi è disposto a esplorare i propri paesaggi interiori senza paura.

Articolo di Silvia Ravenda

Track list “Belaya Polosa”

  1. Ty Zhe Ne Znaesh Kto Ya
  2. Kolesom
  3. Son
  4. Belaya Polosa
  5. Beznadezhnyy Waltz
  6. Chernye Tsvety
  7. III
  8. Ne Vdvoem
  9. Ya Tak Ustal
  10. Zimnyaya


Line up Molchat Doma: Egor Shkutko voce / Roman Komogortsev chitarra, synth, drum machine / Pavel Kozlov basso, synth

Molchat Doma on line:
Website: https://molchatdoma.com/
Instagram: https://www.instagram.com/molchatdomaband/
Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=1FeLgGvk8RU

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