C’è un album che può ambire a essere un classico, alla stregua di quei grandi lavori della Golden Age del Rock, prodotto e uscito in questi ultimi 20 anni? Pochi direi, ma fra questi c’è senza dubbio “Ghosteen” di Nick Cave, disco apparso dopo la morte del figlio, lavoro sinfonico, compatto, al di là del concept, che però non è stato portato in tour per via del Covid. Subito dopo Nick Cave & Warren Ellis si sono messi in studio per realizzare “Carnage”, e qui, per capire la dimensione lavorativa di queste due opere, serve leggere il volume intervista a Cave (la nostra recensione). Ora arriva questo vinile, che è un assaggio, di otto tracce, di un live, completo in forma digitale, che testimonia una seria di concerti australiani nei quali Cave & Ellis hanno eseguito gran parte di queste due opere, e non solo.
“Australian Carnage – Live At The Sydney Opera House”, uscito il 1 dicembre per Goliath Records, ma già disponibile da ottobre su Spotify in edizione extended, è un disco semplicemente meraviglioso. “Ghosteen” va ascoltato in solitudine, e senza interruzioni. Come d’altronde “Carnage”, che però ha una struttura diversa, e permette delle pause. L’assaggio live, però è interessante, per questo motivo: i due album si mescolano insieme, e il risultato è un’esecuzione intensa che porta, in alcuni passaggi, alle lacrime. La fede, intesa come la parte intima di un padre che ha perso il figlio, è il filo rosso del lato A del vinile. Qui la fusione fra i due lavori è davvero magica. Rispetto all’extended live della versione Spotify, il vinile regala intense emozioni. Grazie proprio al fatto di essere compatto.
“Bright Horses” porta subito a galla il tema delle voci e delle presenze che Cave ha cercato di descrivere nell’album del dolore. Si prosegue poi con “Carnage”, brano che nella versione di Spotify è aperto da una conversazione, con risate, che rompono il ritmo. In realtà, nel vinile la canzone mantiene tutto il peso esistenziale di una musica che, di fatto, è un mantra, un crescendo dove la voce di Cave penetra direttamente nella coscienza. Il ritmo ripetitivo, per intenderci, con le dovute proporzioni, ricorda il famigerato riff aperto di “Kashmir”. “White Elephant” ci porta nel cuore della sperimentazione, e ci fa ricordare che i due artisti, mentre scrivevano e componevano questi due album, si sono “distratti” creando le musiche del film “Blonde”, visionaria monografia dedicata a Marilyn Monroe. Un lavoro che, di fatto, è l’apertura e lo sviluppo di quanto contenuto in “White Elephant”.
Con un inizio così la scelta appariva obbligata: o salire, o scendere. Cave & Ellis decidono di salire, e “Ghosteen” porta alle lacrime. Credo che un’esecuzione così intensa non esista incisa da nessuna parte. Quanto meno in questi ultimi 20 anni. Forse, per trovare tanta partecipazione, serve spostarsi nel jazz del Ketih Jarret del “The Köln Concert”. La struggente “Waiting For You” è la fine di questo climax ascendente. Il gioco a due si fa serio, e non è di certo quello dei due musicisti. Qui siamo chiamati in causa noi, direttamente. Questo è il canto di liberazione di un dolore immenso che non può trovare espressione se non in forma artistica. Per dirla in modo chiaro: Non sempre e non subito le esperienze dell’uomo producono pensieri. Da esse possono sorgere immagini anche parole, che non necessariamente sono state precedute da pensieri. Il piano e la voce si fondono insieme, in un canto che libera tutto il dolore di Cave, e l’applauso finale ne è testimonianza. Non è un’esecuzione, è una vera terapia. Il gioco a due, dunque, è proprio nel fatto che questa canzone necessita di un pubblico. Per vivere e far vivere quello che Cave canta.
A questo punto si può solo scendere. Serve una tregua. Non che l’album perda di interesse, ma “Breathless” e “Balcony Man” sono di certo meno intese di quanto fin qui sentito. La versione vinile cattura, grazie alla dimensione sintetica, l’anima di uno spettacolo che, giustamente, non è stato tutto così intenso. Si tratta pur sempre di un concerto, di un momento che necessita anche di liberazione. Tuttavia, il montaggio di queste otto tracce è decisivo per capire l’essenza di questi due progetti: la mancanza, l’assenza e la condivisione. In altre parole, seguendo il titolo del libro di Cave, Fede, Speranza e Carneficina. Un disco che va ascoltato in solitudine. Allo stesso tempo, deve entrare nella pelle. Non è fatto per una fruizione superficiale. Cave incanta, da vero sciamano.
Articolo di Luca Cremonesi
Track list “Australian Carnage – Live At The Sydney Opera House”
- Bright Horses
- Carnage
- White Elephant
- Leviathan
- Ghosteen
- Waiting For You
- 7.Breathless
- Balcony Man