“Casa” rappresenta un simbolo di stabilità di cui probabilmente tutti abbiamo bisogno, magari dopo una faticosa giornata di lavoro, dopo un trasloco oppure dopo un lungo viaggio. Proprio a New York, Scout Gillett, cantautrice di Kansas City, sembra averla trovata. Era il 2017 quando ci andò la prima volta e si adagiò nella scena DIY di Brooklyn, luogo in cui musicisti e creativi si affollano alla ricerca di accoglienza e comunità. Dopo un’improvvisa perdita amorosa e la pandemia, decise di tornare a Kansas City, ma ciò che ritrovò fu una città in sofferenza: amici e familiari erano stretti nella morsa di droghe e alcool e niente era più come prima. Avevo nostalgia di una casa che sembrava non esistere più dichiarò più tardi. Decise pertanto – durante la fase di stallo della pandemia – di tornare a New York, prendere carta e penna e mettere nero su bianco tutte le emozioni di questi suoi ultimi anni, trovando finalmente la sua definitiva casa.
Da questo preliminare approccio alla scrittura nacquero i primi pezzi che andranno poi a confluire nel suo esordio discografico: “No Roof No Floor”. Registrato e prodotto da Nick Kinseyal The Chicken Shack di New York e pubblicato dalla Captured Tracks il 28 ottobre 2022, l’album – in 10 brani – riflette le radici rurali di Scout e il suo spirito indie formando una fusione di melodie indie e folk senza disdegnare momenti elettronici, il tutto ornato dalla sua toccante e intima voce, che espone sfumature della propria vita presente e passata. Radici rurali che appaiono nello slide iniziale di “Lonesome Dove”, brano che apre le danze al disco. La sublime voce di Gillett – che negli istanti più introspettivi ricorda la Sandoval – fa da padrone ad un piccolo viaggio sonoro dai sapori vintage.
In “Slow Dancin’” un ritmo compulsivo, quasi ad accennare un certo post-punk d’annata, e un dolente cantato accompagnano in maniera lineare tutta la canzone. Superba, invece, la title track “No Roof No Floor”, una sofferente e melodica ballad volta a serbare il ricordo un amore perduto. In “444 Marcy Ave” fanno capolino certe atmosfere elettroniche così devote alla band di Karen O. “Signal” (uscito come primo singolo) risulta pressoché una spensierata power ballad anni ‘80, dove è il basso stavolta ad essere il protagonista. Inquieti paesaggi ambient in “Hush, Stay Quiet”, con un angosciato sassofono in chiusura, mentre scenari dream pop, percussioni synth, slide e arpeggi di chitarra fanno risultare “Mother Of Myself” uno dei migliori brani del disco. Echi country sia in “Strangers In Silence”, dove un bellissimo banjo di contorno illumina il brano, che nella più intima e riverberosa “Western Eyes”. Chiude i giochi l’infausta “Crooked”, con un tormentoso e straziante finale distorto.
Non è sbagliato definire “No Roof No Floor” un album indie pop. Suona moderno e tecnicamente perfetto, merito della presenza in studio di artisti di rilievo come Ellen Kempner dei Palehound e David Lizmi, ma soprattutto merito della bellissima voce di Gillett che a momenti ricorda le sopracitate Karen O. e Hope Sandoval. Una voce capace di entrare nel profondo dell’ascoltatore, cosa non da poco specialmente per un’artista giovane al suo esordio discografico. Buon ascolto.
Articolo di Giulio Ardau
Track List “No Roof No Floor”
- Lonesome Dove
- Slow Dancin’
- No Roof No Floor
- 444 Marcy Ave
- Signal
- Hush, Stay Quiet
- Mother Of Myself
- Strangers In Silence
- Western Eyes
- Crooked
Line Up “Scout Gillet” (live): Scout Gillett voce/chitarra, Ellen Kempner chitarra, Ted Jamison basso, Chris Stains batteria, Godfrey Furchtgott chitarra.
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