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Seven Impale “Summit”

Disco dove confluisce tutta la vena prog del gruppo, capace di produrre suoni di una profondità assoluta

Tornano sulle scene discografiche i norvegesi Seven Impale, uno delle band più importanti nel panorama Prog internazionale, che il 26 maggio pubblicano il loro terzo album di studio “Summit” per Karisma Records. L’etichetta nordica, sempre attenta a produzioni di assoluto livello, ci propone questo interessante album di un gruppo di cui, dopo i fastosi esordi, si erano un po’ perse le tracce. Attivi infatti sino dal 2010, avevano dato alla luce il primo lavoro “City of the Sun” nel 2014, evidenziando fino da subito tutte le premesse di un Prog di gran classe, confermato poi dal successivo “Contrapasso” del 2016.

Da lì l’attività della band scandinava si è dovuta arrestare, oltre che per le note vicende dovute alla pandemia, anche per sistemare alcuni aspetti del loro privato. Il vocalist nonché chitarrista Stian Økland, per esempio, ha portato a compimento la realizzazione del suo desiderio di diventare cantante d’opera diplomandosi all’Accademia Grieg a Bergen; gli altri componenti si sono presi un momento di riflessione sia per gli impegni nelle proprie famiglie che per militanza in altri gruppi, ma la band non si è mai ufficialmente sciolta. Il tempo ha invece confermato le grandi motivazioni dei protagonisti nel proseguire assieme questo bel percorso musicale, una lunga pausa che è valsa la pena di essere stata vissuta, se poi il risultato è un ottimo lavoro come questo “Summit”.

Stiamo parlando infatti di un disco dove confluisce tutta la vena prog del gruppo, capace di produrre suoni di una profondità assoluta, trame fantasiose che non risultano mai scontate, sempre imprevedibili. C’è spazio quindi per l’improvvisazione tipica del genere e le molteplici scorribande sonore che mettono in risalto le peculiarità dei musicisti.  L’esecuzione di brani corposi riporta sicuramente alle tradizioni del Prog classicheggiante dei primi ’70, in special modo a alcune soluzioni di band storiche come i Van Der Graaf Generator (soprattutto per le sonorità visionarie) o sprazzi del Canterbury Sound. Ma l’elaborata e colta miscellanea sonora dei Seven Impale, costituita da un Jazz/Prog variegato e dinamico, va ben oltre le influenze di cui sopra.

Il suono è moderno, raffinato, l’apporto importante dei synth e chitarre sgargianti ci conducono verso una dimensione dall’impatto dirompente che talvolta non disdegna di proporre momenti alternative e metal; la band riprende alla grande il filo del discorso che si era bruscamente interrotto, tornando a deliziarci con un album di grande valore, forse una delle realtà più importanti e eterogenee che il Prog attuale è in grado di esprimere, ponte ideale fra un leggendario passato e intuizioni avveniristiche. Assestata la formazione in un sestetto, l’ensemble propone infatti suoni talora avanguardistici per lo sviluppo che riescono a esprimere; il sax con i suoi magistrali accenti riesce a impreziosire le partiture, mentre la sezione ritmica mette al servizio delle trame la sua grande potenza conferendo al suono una dimensione fortemente propulsiva. Certo è un lavoro che per essere pienamente apprezzato e carpirne ogni sfumatura deve essere ascoltato più volte, ma le emozioni che può trasmettere valgono la pena di riservargli qualche attenzione in più.

Catapultarsi, per esempio, nei climi di “Ikaros”, brano che aveva anticipato l’album come singolo, ci proietta fino da subito in questa coinvolgente dimensione sonora. L’inizio sintetico fa da proscenio a una cascata di riff dirompenti che vanno a intrecciarsi con i suoni delle tastiere. Alcuni momenti riportano alla mitica band britannica di Hammill e Jackson, specie per l’uso graffiante del sax e l’intensità della voce. Økland conferma tutte le premesse sopra menzionate e il suo timbro spicca altissimo sulle ritmiche dai colori dark, epiche e talora sinfoniche. Ci troviamo di fronte a un’escalation continua di suoni, tonalità e variazioni ritmiche. La lunghezza del brano lo assimila a una mini-suite, caratteristica che è parte integrante dell’opera. Il disco è infatti composto da soli quattro pezzi, ma si tratta di motivi molto estesi nella durata, uno spazio ideale per esaltare tutta la maestria dei musicisti. Basti pensare che questo brano è addirittura il più breve del lavoro con i suoi 9’24’’!

L’incipit di “Hunter” muove con un piano prima delicato, poi quasi ossessivo per la ripetitività di un suono che fa da apripista a un inserto roboante di synth. Trame jazz/rock si coniugano a riff di chitarra, con il vocalist impegnato a alternare attimi più soft a tonalità vorticose, sempre ipnotiche e magnetiche. Un breve momento più delicato e d’atmosfera anticipa un frenetico intermezzo dalle partiture intricate e maestose e un finale quasi convulso per la sua incredibile veemenza.

Proprio come nel Prog più classico dei primi ’70, i pezzi richiamano nelle liriche riferimenti mitologici, palesi per esempio in “Hydra” e “Sisyphus”, che proseguono con trame evocative e dinamiche, un suono elaborato e frammentario, dove gli strumenti sono capaci di esprimere diverse sfaccettature. Mentre nel primo brano riscontro qualche reminiscenza canterburiana nell’incedere ancora intensamente jazz/prog, il secondo porta con sé i tratti emblematici della suite vera e propria dai connotati dark. Più di tredici minuti di una emozionante cavalcata sonora che fonde energia e climi cupi a momenti più sognanti, facendo tornare protagonista anche il sax che si incastona perfettamente nelle linee sonore del brano. C’è sicuramente in questi pezzi un’estrosità fuori dal comune e un prorompente impatto sonoro, tali da affascinare, a mio giudizio, non solo i cultori del Prog, ma una platea più ampia di ascoltatori.

Un viaggio emozionante per un ritorno da applausi. I Seven Impale dimostrano il proprio valore proponendo un lavoro coraggioso e fuori dagli schemi rispetto al mercato attuale. Quattro gemme musicali che raccontano le storie più avvincenti della mitologia, una delle prime invenzioni dell’uomo, che la creò per sentirsi più vicino a ciò che non comprendeva. Le vicende dei mondi superiori, dei capricci degli Dei e gli intrecci continui tra questo mondo e l’altrove, ci servono oggi più che mai per capire la parte primordiale di noi stessi. Nel mito, ogni sentimento, ogni paura, ogni desiderio di vittoria è espresso nella sua forma più immediata ed è proprio quello che lo rende affascinante attraverso i millenni e che permette all’umanità di qualunque epoca di riconoscersi negli eroi che hanno reso grande la terra.

“Summit” rappresenta la vetta che costoro hanno cercato di raggiungere, quell’Olimpo inarrivabile che però rappresenta il sogno eterno dei mortali, così come la loro infaticabile cupidigia. Per narrare in musica tutto questo universo e la sua pluralità di significati era necessario attingere da molti mondi paralleli che probabilmente solo un genere multiforme come il Prog era capace di riunire in una forma tanto intrigante quanto geniale. Dall’estro magmatico dei Seven Impale, “Summit” si candida con decisione come una delle sorprese più interessanti di questo mese.

Articolo di Carlo Giorgetti

Tracklist “Summit”

  1. Hunter
  2. Hydra
  3. Ikaros
  4. Sisyphus

Line up Seven Impale: Stian Økland voce, chitarra / Erlend Vottvik Olsen chitarra / Hâkon Mikkelsen Vinje tastiere, sintetizzatori / Tormod Fosso basso / Fredrik Mekki Widerøe  batteria, percussioni / Benjamin Mekki Widerøe sassofono

Seven Impale online:
Website https://sevenimpale.com/
Facebook https://www.facebook.com/sevenimpale
Instagram https://www.instagram.com/sevenimpale/
Youtube https://www.youtube.com/sevenimpale

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