Chiamatemi pazzo, ma io appena sento una canzone che mi fa dimenticare in un millisecondo in che momento assurdo viviamo, m’innamoro. Sì è così: m’innamoro. Perché non si può spiegare razionalmente, anche dopo tutti questi anni che ti ritrovi ad ascoltare dischi su dischi, cosa è che esattamente ti porta a cantare a squarciagola un ritornello di una canzone che hai appena sentito e che sai che vorrai riascoltare almeno 20 volte di seguito. Il nuovo disco di The Struts, uscito il 16 ottobre 2020,è pieno di questo tipo di canzoni.
C’è da fare però una precisazione: se vorrete ascoltare “Strange Days”, non iniziate dalla prima canzone, quella che dal titolo al disco e che potrebbe rovinarvi l’intera “esperienza”; partite da “All Dressed Up”. Se questa canzone non vi mette già un po’ di “ruzzo” – termine tipicamente toscano che vi invito a cercare perché sarebbe troppo lungo spiegarvi cosa voglia dire – non preoccupatevi perché è solo l’inizio. L’idea di scrivere una canzone che parla della desiderio di uscire, di andare incontro alla notte, in un momento in cui non è possibile e al massimo possiamo condividere la nostra voglia repressa con qualche amico via cellulare, riassume perfettamente il mio stato d’animo. Mi manca lo stare al bancone, a fianco di qualcuno che nemmeno conosco, ma che forse, durante la serata, al secondo o terzo giro di birra, mi racconterà la sua vita.
E che dire di “I Hate How Much I Want You”? È come se gli Slade fossero tornati a sfondarci i timpani con i loro ritornelli monolitici e contagiosi. “Strange Days” è infetto e non c’è cura o antidoto: si può solo odiarlo, ma sarebbe un errore imperdonabile, perché ognuno di noi ha bisogno di un disco che ti scuota e ti metta di buonumore e ti faccia ricordare che sono anni che non ascolti “Destroyer” dei Kiss e che “Do You Love Me” a distanza di 44 anni non ha perso niente anche in questa versione molto british. Quando poi parte “Cool” è davvero difficile resistere all’impulso di iniziare a ballare imitando le mosse di Mick Jagger nel corridoio di casa… la miglior colonna sonora per dare l’aspirapolvere, parlo per esperienza.
Ma con tutti questi riferimenti e ammiccamenti ad altre band, cosa resta di “vero” direte voi? Sapete cosa: chissenefrega dell’originalità! Al diavolo la ricerca, la sperimentazione, buttiamoci a capofitto in questo vortice di odori, sapori e suoni che fanno parte di noi, di quello che siamo adesso e che ci ricordano da dove veniamo. “Burn It Down” puzza di Faces, e quindi di buon whisky, mentre “Another Hit In Show Manship” mi fa addirittura star simpatico Morrissey e al tempo stesso pensare che un fish&chips bello unto con una porzione di mushy peas ci starebbe proprio bene stasera, l’ennesima sera da passare a casa.
Quando arrivate alla fine del disco, non scordatevi di ascoltare la title track: “Strange Days”: allora sì che vi cullerà e vi farà venir voglia di riascoltare questo disco, uno dei pochi che mi ha fatto pensare che, in fondo, anche quello che sembrava impossibile da sopportare, prima o poi passa. Sempre.
Articolo di Jacopo Meille
Track list “Strange Days”
- Strange Days
- All Dressed Up (With Nowhere To Go)
- Do You Love Me
- I Hate How Much I Want You
- Wild Child
- Cool
- Burn It Down
- Another Hit Of Showmanship
- Can’t Sleep
- Am I Talking To The Champagne (Or Talking To You)
Line up The Struts
Luke Spiller – voce, pianoforte / Adam Slack – chitarra /Jed Elliot – basso / Gethin Davies – batteria
Guest musicians
Robbie Williams (1) / Joe Elliott e Phil Collen (4) / Tom Morello (5) / Albert Hammond jr. (8)