Sette anni. Sette lunghi anni. Un’eternità nell’epoca digitale. Era il 2015 quando uscì il dittico “Endkadenz”. Poi ci fu “Split”, nato dalla collaborazione con Iosonouncane e, dunque, il silenzio. Certo, le valli bergamasche portano a questa dimensione. Qui si fa, non si parla e non si perde tempo. Se c’è da fare si procede, a spron battuto, altrimenti non c’è trippa per gatti. Sono sempre state silenziose quelle valli, come d’altronde i due fratelli Alberto e Luca Ferrari in arte “Verbena” … ops, “Verdena”! Dai, la storia è nota e vale la pena ricordarla così, con una battuta, come quel “7” che campeggia sulla copertina di questo “Volevo magia”: settimo album del gruppo dopo 7 anni di silenzio. Solo gli stolti possono credere al caso. Eppure c’è davvero chi ci crede, al caso … Perché i Verdena non sono un band occasionale, nata per scalare le classifiche. Un nuovo album, dopo molto tempo, non è un gioco.
Dopo sette anni di silenzio le strade a disposizione, infatti, non erano molte: o si torna per far felici i nostalgici e si rimescola il passato, oppure si mette mano a tutte le energie raccolte, in questo arco temporale, e che sono state accantonate per tempi migliori (questi? pare di sì…) e per mille altri motivi. Dalla noia alla disintossicazione da un mondo musicale che li voleva, a tutti i costi, salvatori del Rock Made in Italy e, dunque, porta bandiera genuini di innovazione. I Verdena, negli anni passati, sono stati caricati di ogni possibile responsabilità. Tutte cose vere, ci mancherebbe.
Eppure, loro, i fratelli Ferrari di questa responsabilità – almeno all’apparenza – non ne volevano sapere. Dunque, se da un lato sarebbe comunque riduttivo non riconoscere questo ruolo ai due fratelli, dall’altro non bisogna abbondare perché sono loro i primi che sembrano voler restare distanti da questo ruolo. O meglio, non sembra interessargli di essere questo baluardo contro le invasioni barbariche. Che ricordiamolo, sono comunque arrivate e hanno segnato questi sette anni. Ecco, non va neppure detto che questo è accaduto perché i Verdena sono retrocessi. E l’attuale ritorno non è la riscossa, pur se l’album in questione è un lavoro ben fatto, figlio di una libertà che la band si è conquistata. Grazie anche a questi sette anni.
Quando infatti sono usciti dalla sala d’incisione e hanno rilasciato questo “Volevo magia”, dopo tutto questo tempo, ci hanno fatto capire che il Rock in Italia si può (ancora) fare; che il Rock non è morto e che la capacità di sperimentare è ancora nel corde di questo genere musicale. Certo, serve tempo, spazio e libertà. Elementi non facile da conquistare nel mondo discografico nostrano e attuale.
“Volevo magia” è un album bello. È un lavoro maturo; un album che esige un ascolto attento, non superficiale. Perché si tratta anche di un condensato di quanto di buono hanno fatto i due fratelli fino a qui. Per intenderci, è il loro “Zooropa” dopo la fatica del dittico di “Endkadenz” che, proseguendo nel paragone, è il loro “Achtung Baby”. Icritici certosini, i personaggi austeri e militanti severi hanno da dire che, in realtà, si tratta di un lavoro, questo “Volevo magia” uscito il 23 settembre 2022, che di nuovo non porta nulla, e che somma quanto fatto nel glorioso passato con sapienza e, cosa assai strana, con leggerezza. Ora, dato che non siamo fra queste schiere, e moriremo pecore nere, ma neppure fra gli adulatori, ci rivolgiamo a chi ne sa di leggerezza. Nietzsche ricorda che i Greci erano profondi perché sapevano stare alla superficie, mentre Calvino, nelle “Lezioni Americane”, ricorda che la leggerezza era uno dei valori da portare nel nuovo millennio.
Dunque, possiamo anche dire, senza essere troppo severi, che questo album, al primo ascolto (e vi prego di sottolineare questa precisazione), pare leggero. Certo, va bene. Lo si ascolta con piacere: l’arpeggio di “Chaise Longue” ci porta nel cantautorato sminato ed esistenzialista alla Fabi; “Paul e Linda” (bellissima, fra i vertici del nuovo album) ricorda una colonna sonora di film indipendenti italiani; “Crystal Ball” rimanda al passato nel quale – si legge sui social – si pogava di brutto ai live. Tutto vero. Ci mancherebbe.
Ma con le premesse fatte, e cioè che leggero non vuol dire light e, dunque, con scarso apporto calorico, e che tanto meno si viene rimandati al Liga del 1996 e, allo stesso tempo, leggero non deve essere inteso neppure come musica da sottofondo, allora possiamo affermare che questo sia un album pesante e significativo nel nuovo corso, si spera, della band. Diciamolo anche in modo diverso. “Volevo magia” non è un lavoro monolitico. Si tratta di un album con molti mondi musicali e tante direzioni; è un lavoro che predilige la differenza e non l’identità data, granitica e fossilizzata. “Volevo magia” non è dunque nato solo per tornare sul mercato e, tanto meno, per segnare il territorio del Rock alternativo italiano.
Fate una prova e mettete questo “Volevo magia” come sottofondo e vedrete che, senza dubbio alla seconda traccia, c’è qualcosa che richiama la vostra attenzione ed esige un altro tipo di ascolto, con volume diverso. Non può stare in sottofondo. Se queste 13 tracce, nate da una scrematura di almeno 30 nuove idee – così hanno dichiarato in molte interviste i due fratelli – vi sembreranno ancora leggere, allora dobbiamo dire una cosa ad alta voce e non di certo leggera: il Rock è davvero destinato a svanire. Vediamo le ragioni.
Le chitarre sono quelle degli ultimi lavori. Acide, lavorate e distorte. La voce è utilizzata come nel dittico “Endkadenz”, di certo non come in “Il suicidio dei samurai” e, Iosonouncane (guarda caso…) docet, può diventare ulteriore apporto sonoro, e non solo apparato significante. Poi c’è una cosa che non mi toglie nessuno dalla testa. Queste 13 tracce sono anche un lungo omaggio alla musica ascoltata in questi sette anni e, in generale, negli anni 2000. Dal ritorno del cantautoriato (“Chaise Longue”) alla musica non banale (“Paul e Linda”), dal divertissement colto (“Certi Magazine”) al Rock che racconta senza graffiare (“Crystal Ball”), passando per grunge e post grunge (“Volevo Magia”), per il buono e sano rock (“Paladini”), fino al post-rock (“Cielo Super Acceso”) e alle nuove tendenze pop-rock (“X Sempre Assente).
Insomma, “Volevo magia” mette insieme quanto di buono si è fatto in questi anni e non solo dai Verdena, i quali invece hanno deciso di recupera il tempo perso. Ed ecco che hanno lavorato e studiato quanto di buono è stato fatto in questi anni, anche senza di loro, e hanno deciso di (ri)proporlo alla loro maniera. Trovo questa soluzione, figlia di una sana attesa e gioiosa pigrizia, ben fatta e onesta. Soprattutto.
“Volevo magia” è anche un album con il quale ci si diverte, senza dubbio. Ci sono brani che spiazzano, come la traccia che apre questo lavoro, quella “Chaise Longue” che parte come un pezzo cantautoriale post-anni ’70 o, per dirla in modo più severo, come una canzoncina da colonna sonora di commedie impegnate. Oppure come l’anomala, per il testo, “Certi Magazine” che rimanda diretti a “Ah! Le Monde” dei Pgr di Ferretti, Canali e Maroccolo. Leggo Le Monde / Difficile trovarlo non lo sciupo / Buona motivazione, faticante, in francese / Guadagno in comprensione canta Ferretti; Certi magazine / Sono compagni tuoi / Solo certi magazine / Sono compagni tuoi / Mistura di nuovo sei / Puoi realizzare che / Più che mai / Mi stoni e di nuovo c’è / Chi rapirà il tuo cuore? ci ricordano i fratelli Ferrari. Dura credere che un’eco non ci sia, ma è anche vero che il gioco dei rimandi sarebbe infinito e comunque figlio delle esperienze musicali personali di chi ascolta e di chi suona. È un gioco al massacro che non vale la pena portare avanti. “Paul e Linda” è uno dei pezzi più interessanti dove tutto sembra banale e invece è distorto e quasi dissonante. Disturba, come deve fare il buon rock. Sembra una radio fuori frequenza. Eppure funziona ed è un bel pezzo alla maniera del sound e mood made in UK. Ma non vorrei dimenticare, per continuare nonostante tutto con i rimandi, il Battiato di “Clic”. “Dialobik” riprende il gioco di “VerBena” poi “VerDena”, e lo fa anche come stile musicale che rimanda ai suoni duri degli inizi, quelli amati dai puristi. Si potrebbe proseguire, per ogni singolo pezzo dell’album perché, come detto in precedenza, qui c’è una varietà sonora e di genere messe in circolo. L’album ne guadagna perché ci si può entrare o dall’inizio, come hanno voluto i Verdena, o da dove si vuole. Anche questa è una bella libertà che ci lasciano i due fratelli. Un lavoro che, nell’epoca dell’ascolto su Spotify, è libero da vincoli. Di genere, di stile e di direzioni. Di certo, questo va detto, quelle dei Verdena sono e restano ostinate e contrarie.
Allora sì, ed ora lo possiamo dire. Il Rock Made in Italy aveva bisogno di questo ritorno.
E adesso il tour. Non vediamo l’ora.
Articolo di Luca Cremonesi
Tracklist “Volevo Magia”
- Chaise Longue
- Paul e Linda
- Pascolare
- Certi Magazine
- Crystal Ball
- Dialobik
- Sui Ghiacciai
- Volevo Magia
- Cielo Super Acceso
- X Sempre Assente
- Paladini
- Sino a Notte (D.I.)
- Nei Rami