Il 29 settembre dBpm Records ha pubblicato uno dei dischi più difficili da recensire, almeno per me. Si tratta di “Cousin”, tredicesimo album in studio dei Wilco, collaborazioni e raccolte di rarità escluse. Difficile da recensire perché fin dal primo ascolto appare un disco che necessita di decine di ascolti per essere capito e apprezzato, e che risulta arduo da spiegare nelle poche righe di una recensione. Ma andiamo con ordine. “Cousin” arriva a un anno e mezzo di distanza dal doppio “Country world”, l’album con cui Tweedy, Cline e soci riscrivevano il loro ruolo nel mondo del Country-Folk contemporaneo.
“Prodotto da Cate LeBon”, si leggeva già nei primi comunicati stampa che arrivavano, e già questa è una novità enorme perché è la prima volta che i Wilco non si occupano direttamente della produzione di un loro lavoro dai tempi della collaborazione con Jim O’Rourke. Registrato non più in quasi presa diretta ma facendo suonare a ogni membro la propria parte, su cui Cate LeBon ha poi lavorato aggiungendo stratificazioni di tastiere, rumori, elettronica, suoni obliqui in modo da rendere il tutto come un disco perfettamente à la Wilco ma che non sembrasse proprio dei Wilco.
Ecco, appena parte “Infinite Surprise” si rimane spiazzati proprio per questi motivi, ma allo stesso tempo affascinati dall’intreccio di chitarre e dal suono duro e asciutto delle percussioni, dalle dissonanze di tastiere e sax e dal fatto che la band di Chicago sia tornata a sperimentare nuovi orizzonti all’interno del proprio universo. Impressione che viene confermata anche dalla successiva “Ten Dead”, una cupa riflessione sull’ennesimo mass shooting avvenuto negli Stati Uniti, e anche in uno degli episodi più catchy dell’intero lavoro, “Levee”, che fa da prologo al primo singolo estratto dal disco, “Evicted”. L’episodio migliore dell’intero album è “A bowl and a Pudding”, nella quale l’ipnotico groviglio di arpeggi di chitarra e synth regala momenti indimenticabili, e anche la malinconica “Pittsburgh”, con le sue chitarre acide a circondare l’arpeggio di acustica, potrebbe entrare tra le cose migliori dei Wilco.
Insomma, questo “Cousin” ti prende in contropiede, ti disorienta, ma allo stesso tempo è un disco talmente affascinante che ti costringe a ripetuti ascolti, per poterne entrare fino negli angoli più nascosti e decifrarne ogni segreto. Per questo, e soprattutto per i fan di lunga data dei Wilco, servirà ancora del tempo per capire se andrà annoverato tra i lavori migliori della band al fianco di capolavori come “Yankee Hotel Foxtrot”, “A Ghost is Born” o “Sky Blu Sky”. Intanto, però, ne abbiamo sempre fame, continuiamo ad ascoltarlo e ci lasciamo spiazzare e affascinare diverse volte al giorno. Non mi sembra né una cosa da poco né un fatto comune a molti altri dischi.
Articolo di Michele Faliani
Tracklist “Cousin”
- Infinite Surprise
- Ten Dead
- Levee
- Evicted
- Sunlight Ends
- A Bowl And A Pudding
- Cousin
- Pittsburgh
- Soldier Child
- Meant To Be
Line up Wilco: Jeff Tweedy voce, chitarra / Nels Cline chitarra / Glenn Kotche batteria / John Stirrat basso / Pat Sansone chitarra / Mikael Jorgensen tastiere / Euan Hinshelwood sax / Spencer Tweedy percussioni e cori / Cate LeBon produzione, tastiere, cori, pianoforte e basso
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