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YES

Yes “The Royal Affair Tour, Live From Las Vegas”

La band sembra voler restare ancora a lungo, già pronta a tornare in studio e sui palchi di un nuovo blasonato tour

Uscirà il 30 ottobre 2020 per BMG “The Royal Affair Tour, Live From Las Vegas”, album dal vivo con cui gli YES affermano di nuovo con prepotenza il loro status di gruppo storico e istrionico. Il successo del loro tour americano del 2019 è cresciuto esponenzialmente lungo la bellezza di 26 acclamatissime date, ma il “The Royal Affair Tour” non si è limitato ad essere una classica successione di concerti; è divenuto, infatti, un vero e proprio happening artistico ospitando una mostra d’arte di Roger Dean, l’artista che ha disegnato il logo iconico YES, nonché le copertine degli album più amati della band. E anche il disco in sé, inteso come oggetto fisico, si propone in grande stile: i fan potranno accaparrarselo in cd digi sleeve con libretto di 12 pagine, o in formato 2LP gatefold (sempre con annesso libretto).

La notte prescelta è quella di venerdì 26 luglio 2019, la location è l’Hard Rock Hotel di Las Vegas; il pubblico è caldo, le luci si spengono, sul palco sale la Storia del Progressive, con oltre cinquant’anni sul groppone da soffiare via con una pioggia di note. Per una notte ancora l’età non conterà, e ci sarà solo il Rock’n’Roll.

Si parte con gli stacchi di “No Opportunity Necessary, No Experience Needed”, cover di Richie Havens tratta dal loro secondo lavoro, “Time And A Word”, del 1970. Frizzante e viva, si dimostra un’apripista perfetta per dare fuoco alle polveri. I tribalismi iniziali di “Tempus Fugit” fanno spostare la memoria dei fan di un intero decennio, per la precisione all’album “Drama”, del 1980… rispetto all’opener, però, essendo un brano spesso proposto nelle scalette della band, arriva sul finale un tantino stanca.

“Going For The One”, pescata dall’omonimo album del 1977, alterna le tipiche dinamiche prog a delle venature rock-blues, mettendo a dura prova la vocalità di Jon Davison. I cori iniziali di “All Good People” aprono l’immaginario su un mondo folkeggiante in cui la band si muove molto bene. Ed è in brani di tal raffinata fattura che l’esperienza la fa da padrona: laddove non devono per forza imporsi il tecnicismo e la velocità, ecco arrivare controcanti e preziosismi calibrati e piacevoli.

“Siberian Khatru” è tratta dal geniale “Close To The Edge”, quinto album degli Yes e massimo esempio di Progressive Sinfonico, nonché primo disco in assoluto a contenere un brano tanto lungo da occupare un intero lato del vinile. A riguardo, la band porta a casa il proprio lavoro piuttosto bene, contando l’eredità pesante da dover difendere e le difficoltà esecutive insite nella traccia.

“Onward” è la scelta più dolce della scaletta. La ballad, riesumata da un album poco amato come “Tomato” (1978), avvolge l’ascoltatore nella sua atmosfera evocata dai giusti effetti di tastiere contrapposti al giro di chitarra, pulito e minuto. “America” di Paul Simon viene introdotta da una lunga parte strumentale che, tra stacchi e controtempi, accenna la celeberrima linea melodica… esperimento che, a dire il vero, lascia un po’ interdetti. Diventa molto più interessante invece, per originalità e arrangiamenti, la riproposizione del cuore della canzone, anche se una parte dell’ascoltatore continua a chiedersi che diavolo c’entrano con la poetica di Paul Simon?

I Nostri, non contenti, ci riprovano con “Imagine”, di John Lennon (con il quale Alan White ha suonato in studio e dal vivo – qui la nostra intervista), un altro artista lontano anni luce dai loro lidi. In questo caso il pezzo, a parte una classica coda strumentale, viene maggiormente rispettato in quanto a durata e architettura… forse un po’ troppo, risultando in definitiva quasi scontato. Ma prendiamo la parentesi-cover come un respiro prima del gran finale; siamo in zona calda, e si avvicina senza dubbio la parte più interessante del live, perché non poteva esserci miglior conclusione del duetto scelto per la chiusura.

“Roundabout”, traccia d’apertura di “Fragile”, è convincente, d’assalto, priva di incertezze o sporcature d’intenzione. E si sale ancora con “Starship Trooper”, un volo di oltre undici minuti per tornare al 1971, quando grazie alla pubblicazione di “The Yes Album” la band arrivò al successo. La canzone diventa un ponte fra quel periodo d’oro e il presente, dove la band sembra voler restare ancora a lungo, già pronta a tornare in studio e, perché no, sui palchi di un nuovo blasonato tour.

Articolo di Simone Ignagni

Track List “The Royal Affair Tour, Live From Las Vegas”

1. No Opportunity Necessary, No Experience Needed
2. Tempus Fugit
3. Going For The One
4. All Good People
5. Siberian Khatru
6. Onward
7.America
8. Imagine
9. Roundabout

Line up YES
Jon Davison – voce
Geoff Downes – tastiere
Billy Sherwood – basso, cori
Steve Howe – chitarre elettriche e acustiche, cori
Alan White – batteria, percussioni, cori

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